(...) Linda, l’agente che aspettavo , con un sorriso rassicurante, mi da il ben venuto.
Finalmente posso rilassarmi completamente: da ora a domani non vedo ombra di problema.
Il pulmino inizia una breve corsa su strade vuote che attraversano il buio del deserto e dopo venti minuti varca il faraonico ingresso del “Flash group”, passa un veloce controllo e si avvia all’hotel nel quale alloggerò il “Sea life”.
Scendo e, senza occuparmi delle valige, seguo Linda alla reception dove ci viene servito un cocktail di benvenuto. Sono sorpreso dallo sfarzo e non ho ancora visto niente. Espletate le formalità, vengo accompagnato al mio alloggio. Allora mi appare in tutta la sua stupenda esotica bellezza questo misterioso villaggio che ancora oggi, dopo quattro giorni, non cessa di stupirmi. E’ costruito su un leggero declivio che in trecento metri raggiunge il mare visibile da ogni punto. L’architettura araba è mossa e fantasiosa, mille piccole luci disseminate tra i percorsi e avviticchiate alle piante evocano in piena estate il ricordo d’un presepio illuminato. Passo accanto alla grande e sinuosa piscina illuminata, attraversata da un ponte di legno e finalmente svolto a sinistra verso il penultimo blocco di abitazioni: appartamento 926.
Entro: ingresso con grande armadio in legno intarsiato, a lato grande bagno con marmi e maioliche di pregio. Più avanti c’è la stanza da letto arredata con due letti da una piazza e mezza e materassi di uno spessore mai visto prima, un comò con uno specchio, un divano, una scrivania e, oltre un’ampia porta a vetri scorrevole, l’intimità di un salottino in un terrazzo vista mare.
Mi sento felice dopo tanta tensione e mi riaffiora quel sorriso enigmatico che mi fa rassomigliare alla Gioconda: così devono andare le cose!
Faccio un controllo, accendo il televisore: rete uno, due, tre... tutti canali italiani, le altre reti sono tedesche, slave ed egiziane. Spengo tutto, tv, luci, aria condizionata, apro la finestra e lascio entrare il vento che viene dal mare a cento metri da me: il MAR ROSSO!
Prendo sonno a fatica perchè non riesco a sgombrare la mente dai pensieri e dalle emozioni. Tutti i momenti in cui sono stato solo si sovrappongono, legano insieme diverse età, diventano simbolo, tracciano una linea di confine: al di qua ci son io ed anche al di là, ma in un ruolo, ora di figlio, ora di marito, ora di padre, con una storia scritta dai contorni delineati. Nel buio che da forza all’immaginazione, solo, in questa stanza d’albergo a tremila chilometri da casa, fantastico sul destino riassaporando l’anacronistico piacere della libertà del tempo dell’adolescenza, ripenso alla mia moto, all’avventura, all’amore... Penso anche a come organizzare il mio lavoro qui o meglio, questo pensiero rimane latente e come il senso di responsabilità, orienta i pensieri. Domattina farò un giro di ricognizione per capire un po’ di cose.
Penso alla mia famiglia, alle abitudini sospese, alle speranze affidatemi, a Ornella, Chiara, Diego al paradosso della distanza e della contemporaneità e rimango in questa labile contemplazione che prelude al sonno, lasciando sempre più la mente libera di associare immagini con logiche inconsce. E così dopo un’ora mi addormento.
E’ la mia prima notte in Egitto.
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