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mercoledì 23 dicembre 2009
Opinioni - Dal libro "la casa del padre"
Spinse all’esterno le imposte socchiuse della finestra che guardava ad est, dalla quale vedeva sorgere il sole la mattina, oltre un filare di cipressi che svettavano dietro il muro del giardino, in un’altra proprietà.
Parevano più alti di quanto non fossero per un dislivello del terreno.
Questa sopravalutazione, del resto, era un inganno ricorrente in Sardegna: si guardava una collina e pareva di rimirare una montagna, un cespuglio di cisto era scambiato per un pino romano… e così anche le distanze venivano falsate da questi abbagli o, viceversa si sbagliava per mancanza di distanza.
Scosse il capo con dissenso: se c’era un sentimento pervasivo che questa terra vuota ed arida infondeva nell’anima era la vastità dello spazio e la lontananza degli orizzonti.
La lontananza.
Sempre argomenti in conflitto dunque?! Le cose stavano in un modo, ma potevano stare anche in un altro modo….
OVVIAMENTE.
Opinioni.
Alla madre, per esempio, non piacevano i cipressi perché le ricordavano il cimitero che nemmeno le piaceva. Non le piacevano né i cipressi né i cimiteri e nemmeno gli ospedali e non ne voleva sentir parlare affatto, scaramanticamente. Era fermamente convinta che fossero contro la vita che invece amava appassionatamente e golosamente, a parer suo, in tutti i suoi aspetti.
Luca al contrario, che sulle prime pareva ancor più schizzinoso e cavillava, faceva distinzioni, esitava e poneva condizioni, poi, in conclusione, non se la sentiva di escludere nulla, come non fosse capace d’individuare il suo punto di vista e nemmeno il suo tornaconto, dubitando di tutto: “se un cespuglio può essere preso per un albero e un’altura per l’Himalaya… si può rimanere fregati se non si guarda bene…”
Era una sua riflessione.
In sostanza egli nutriva il sospetto che la realtà, come aveva l’abitudine di chiamarla pedantemente, nascondesse un segreto d’identità da cogliere più agevolmente con una lettura sopra le righe, rigorosamente aldilà dell’ovvio, piuttosto che limitarsi al senso compiuto ordinario o, peggio, alle simpatie ed alle antipatie d’impulso, per non parlare delle odiose ideologie e delle strumentalizzazioni.
Detto questo, cosa avesse mai scoperto in quegli angoli riposti, dove solo pochi pignoli antipatici frugano, non mette nemmeno conto menzionare. Si può dire un po’ stringatamente che, al punto in cui era giunto, dopo tanti anni d’esercizio, Luca era alquanto confuso e, per dirla tutta, sospettava che nel versante dell’ovvio non valesse più nemmeno la pena di imbarcarsi in discussioni, poco importandogli stabilire se fosse più bello un cipresso o un albero di Natale o più dolce il riposo nel letto o al campo santo.
Ipotesi, soltanto ipotesi.
“Ho idea che stia per finire l’estate” pensò fiutando l’aria umida, vagamente salmastra.
Guardò l’ora: le cinque e cinquantacinque.
- Ti pareva. - commentò, rassegnato a tutte quelle coincidenze che sembrano voler suggerire chissà quale chiave di lettura ed invece non sono niente se non sgambetti del diavolo, dispetti.
Spense il ventilatore e rimanendo ad osservare le pale che perdevano rapidamente velocità considerò, a fronte aggrottata, la paradossale semplicità del meccanismo dell’interruttore: clic, fine.
Incredibile.
Commuovente anche.
Ancora divagò, si perse in astrazioni e da quella bruma nuovamente affiorarono i ricordi. Ancora il sentimento della lontananza gli commosse l’anima. Vide la stanza, intorno a lui ogni cosa evocava il passato ed egli accarezzò con lo sguardo ogni oggetto per farsi un po’ male, perché forse di questo ora aveva bisogno per sentirsi bene, considerare quanta vita se n’era andata senza essere stata compresa e vissuta come sarebbe stato giusto e bello. Era importante avere un rimorso, era necessario per esasperare la consapevolezza della distanza dagli ideali e vivere la lontananza come una inesprimibile preghiera contemplativa, per sublimare un anelito.
“il presente eternamente ci sfugge” pensò con malinconia, inventariando gli sprechi, il disamore, le cecità “ …. e non abbiamo che questo…”
Ecco, ora aveva dato un nome allo stato d’animo di quel risveglio: malinconia, forse astratta nostalgia. Quel sentimento tanto caro alla madre crepuscolare, paga delle sue dolci tristezze sbiadite controluce sul profilo delle montagne al calar della sera.
Sangue misto scorreva nelle sue vene: padre e madre in perenne querulo battibecco non cessavano di contraddirsi dentro di lui per l’eternità, paradossalmente innamorati e distanti.
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