Fermò la bici e mise un piede a terra.
“Cosa faccio?” si chiese perplesso, guardando l’ora e non vedendo ancora nessun accesso verso il mare.
“Cosa faccio?”, come non si conoscesse e non sapesse d’aver già scelto, in contraddizione con sé stesso, la via irrazionale.
In contraddizione, certo, perché c’era uno statuto, un patto segreto, un limite ch’egli aveva fissato dentro di sé: la sorveglianza su un valico. Nulla doveva sconfinare dall’universo irresponsabile dell’irrazionale nel mondo della responsabile razionalità.
Era il comandamento più perentorio che aveva ereditato dal padre ed il più condiviso.
Anche il più disatteso.
Per la verità Luca vigilava scrupolosamente e ad ogni livello accessibile la sua coscienza, sapendo bene che non avrebbe potuto assolutamente allentare le briglie della sua biga, trascinata in una corsa sfrenata da una coppia indomita di cavalli focosi: padre e madre, cavallo nero e cavallo bianco lanciati al galoppo scatenato dentro di lui, pronti a scartare di lato, ad impennarsi, a sbandare in direzioni opposte, a contraddirsi rovinosamente o ad allearsi per un balzo mortale da un dirupo.
Le sette e quarantacinque…presto sarebbe stato buio.
A casa nessuno doveva rimanere in ansia per lui.
Prudenza, controllo, imperativamente….e, dunque, il suo corollario: la Rinuncia.
Come nella professione di fede, alla domanda:
“RINUNCI A SATANA?”
RINUNCIO
Prudenza e rinuncia dal versante della ragione e dell’ovvio e lui in bilico sul crinale, diviso dentro, con un piede a terra ed uno sul pedale, indeciso, ma impaziente d’oltrepassare il valico del lecito come in quel gioco d’azzardo col padre al tiro alla fune.
…..POTER FERMARE IL SOLE… POTER PROLUNGARE L’ESTATE….
Che fare?
Come non si conoscesse.
Una domanda retorica e più sottilmente un alibi, una furbizia, come quella di figurarsi ad un bivio senza indicazioni ed un interrogarsi con il verbo al condizionale, posto con dolo ad esplorare l’inconscio ottusamente, con finta innocenza e finta necessità:
“cosa sarebbe giusto?”
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