Per rimediare mi costringo a salutare il mare e a portare le chiappe nel mio studio.
Certe volte il mio lavoro mi pesa proprio, questo sforzo d’immaginare e poi riempire la tela di colore, tracciare i contorni, definire, contrastare e alla fine scervellarsi per aggiungere il “quid” , senza il quale un quadro non è mai un bel quadro, è sfibrante.
Oggi sono così svogliato che dopo dieci minuti devo andare a prendermi un caffè italiano espresso stretto e buono per non addormentarmi al cavalletto.
Quando rientro trovo una bella donna che sta guardando i miei lavori e cado nuovamente in uno stato catatonico, contemplativo. Ma che piacevole sorpresa, dico, con quel pizzico di galanteria che tradisce i miei pensieri birichini - Max Loy? - fa lei - can you make... - e attacca a parlare fitto fitto in inglese senza porsi il problema se io capisco o non capisco: lei suppone di si, ma io sono certo che no, non ho capito proprio niente tranne il fatto che questa qui ce l’ha indubbiamente con me e che probabilmente mi sta chiedendo qualcosa in merito al mio lavoro. A questo punto devo scoprire le mie carte ed espormi alla figuraccia “ i don’t understand” non capisco un’acca, può ripetere parlando più lentamente per favore?
Morale: è qui per commissionarmi due pannelli piuttosto grandi per il Sea Club e mi chiede se sono in grado di realizzarli su un disegno prestabilito. Ovvio che si, sarei capace di rispondere si anche se mi chiedessero di costruire una cattedrale. Certo che sono in grado però, dico, mi devi procurare il supporto e i colori perchè i miei non sono adatti.
Uso un eufemismo per non dire che fanno schifo.
E la mattina si chiude con questa lieta aspettativa.
Dopo pranzo mi prende l’impazienza di sapere qualcosa di più su questa commissione e visto che Laila, questo è il nome della miss, non si è fatta più sentire, la vado a cercare al Sea Club, facendo una piacevole passeggiata digestiva, così studio più attentamente la struttura e la clientela di questo hotel e ripongo le informazioni nella mia banca dati a buon rendere.
Laila non c’è, mi rispondono in inglese alla reception, è fuori ufficio.
Chi sia Laila non mi è ben chiaro.
Questi personaggi spuntano così, dal nulla, danno l’impressione d’essere dei dirigenti e magari non sono nessuno. Ho capito invece perchè Laila non è nel suo ufficio: è venuta da me e, chiaramente, non mi ha trovato perchè ero qui a cercare lei. Ma io le avevo lasciato si o no il mio numero di telefono? ahiaiai queste donne belle!
Quando rientro, ad aspettarmi nel mio studio c’è invece R., il nuovo direttore dell’hotel Sea Life che A., il direttore di prima, giorni fa aveva menzionato chiamandolo “ragazzo”. Quando si presenta lo guardo sorpreso perchè un ragazzo non è: è un ometto dai capelli radi e un po’ sofferente che pare poco in sintonia con questo ambiente solare. Comunque è il direttore ed io mi sintonizzo sulla sua frequenza.
Probabilmente non sa niente di me, chi sono e a che titolo occupo questo negozio, mangio, bevo, mi faccio il bagno in piscina e ho una camera a mia disposizione, lo capisco da come mi guarda e da come prende alla larga i discorsi che mi riguardano ... chissà potrei essere anch’io un dirigente....
Ci metterà un po’ a capire che invece non sono nessuno.
Comunque qualcosa gli devono aver detto perchè viene con una richiesta precisa: vuol sapere se posso realizzare un trompe l’oeil nel salone sopra il ristorante ed io, ancor prima di ascoltare i dettagli della cosa, ho già deciso di non lasciarmi sfuggire questa inimmaginabile occasione. Potrebbe preludere a qualcosa d’importante e dare senso a quest’avventura egiziana con degli sviluppi imprevedibili.
La mia fantasia subito si accende e la vecchia favola della “ricottina” si ripete. Ma bene! penso, vediamo se riesco a vincere tutto il banco di questo strano gioco alla roulet che è la vita.
- No problems - dico e così fissiamo un appuntamento per domani per parlare dei dettagli di questo progetto. Segue una stretta di mano: siamo uomini d’affari.
In serata vendo anche un quadro, per la verità lo svendo, ma per una buona causa: i soldi. Il cliente è ancora una volta lo svizzero recidivo.
Praticamente son qui solo per lui È complicata la vita, per incontrarsi bisogna fare il giro del mondo.
Ora sono in attesa delle undici, orario congruo per andarmene a letto. Nel pomeriggio ho preso a quattr’occhi Francesco, il capovillaggio, e l’ ho pregato di informare gli ospiti dell’hotel dei miei orari perchè trovo snervante e anche poco dignitoso essere sempre a disposizione. Naturalmente io faccio richieste campate per aria, parlo al vento perchè son passati cinquant’anni dal mio imprinting che ancora mi lega all’etica e alla disciplina della vita militare di mio padre, ma da allora il mondo è cambiato.
Figurarsi a chi frega del mio imprinting, della disciplina e dell’etica che forse era scomoda anche cinquant’anni fa.
Io li chiamo “ospiti dell’hotel” ma qui vivo in mezzo a gente tatuata che va in giro col sedere nudo e che scambia la notte per il giorno gozzovigliando con una bottiglia di birra in mano.
Secondo me ha più credito un missionario nel Borneo che un’artista in un villaggio turistico.
.... E' preoccupante ammetterlo, ma qua è come altrove, perchè questo è il mondo duemilaquattro anni dopo Cristo: Dio è morto e non c’è altra spiaggia.
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