Faccio questi discorsi dentro di me e da questi dipende il mio umore. Comunque, per corroborare l’umore, che anche quando tutto sembra sereno può rannuvolarsi per patologie inconsce, non c’è niente di meglio che un buon caffè e poichè a metà percorso tra la ricezione e il mare, nell’articolato complesso di vetrine, uffici e teatro c’è anche un bar che serve
Firmo un altro cedolino. Mi esce male la firma, a volte mi sembra che non ricordo come si scrive, esito e poi tiro giù uno scarabocchio dove non si legge niente.
E quella è la mia firma... sono io.
Sono le due, la piscina si va lentamente ripopolando. I clienti fanno digestione sdraiati sui lettini, altri spariscono in camera. Io sonnecchio al sole seduto al tavolino del bar e mi gusto il caffè. Calcolo i tempi che chiedono queste distrazioni e questi andirivieni su e giù se ci si dimentica qualcosa e cerco di pianificare gli orari del mio lavoro coniugandoli con le abitudini della gente, ma sento che la mia testa è stanca di cercare sempre il comune denominatore di troppe situazioni variabili. Non riesco a concentrarmi.
Forse non è proprio possibile ottimizzare il tempo e “bisogna lavorare male” come diceva un mio cliente a giustificazione del tempo che mi faceva perdere per disguidi o per incuria.
Tengo conto di questo d’ ora in avanti.
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