Nel passaggio dall'esuberante figurativo della giovinezza al surrealismo astratto della più recente, matura sperimentazione, l'itinerario artistico di Loy si precisa attraverso un percorso intimo e nascosto di evasione dall'ovvio, di "ricerca dell'altrove", di studio dell'essenza nel tentativo di sempre rinnovarsi e "rinverdirsi". C'è in lui, infatti, la volontà di uscire da dimensioni conosciute e saggiate per andare avanti, incamminandosi verso ciò che è dettato dallo spirito, oltre e sotto il livello della coscienza, al di là dell'immediatezza dell'esperienza sensoriale per cogliere l'anima delle sensazioni subliminali.
È il caso di questo acrilico su tela senza titolo, in cui le linee si susseguono in un sapiente accostamento di colori ora decisi ora sfumati, ma sempre accesi e intensi, per fare emergere una personalità che trova nei valori tonali di luce e ombra e nell'armonica, materica fusione di colore e forma quella " sottile Linea azzurra" dell' orizzonte, in taglio basso, cui da sempre Loy aspira: "il mare come vicenda esistenziale, fluidità, divenire; orizzonte come attesa messianica senza fine" . E che non è da intendersi come punto d'arrivo, ma diventa, moltiplicandosi nella sua evoluzione, momento d'inizio, nascita di un universo nuovo e rivelatore, forse quello vero, appunto, quello della grazia delle "libere associazioni mentali". La visione che Loy dipinge, - fatta di un'architettura futuristica, velieri o navicelle spaziali?, palazzi o cattedrali?, e di veli cromatici orizzontali e verticali che svettano come violente sciabolate della spatola nell'aria e che tuttavia trovano nel loro accostamento una fusione euritmica, un ordine all'interno dell'apparente caos -, rimanda alla pace di un mondo possibile dove il tempo scorra lento e sintetizzi colori e suoni, ma anche profumi e sapori, nella purezza di un Eden terrestre creato perfetto dalla mano di quell' "unico responsabile che tiene il timone di questa nave di folli ". Una fantasia o un sogno che è "puro colore in sembianza di sentimento" , come lui stesso spiega, e che scaturisce da sinergie sensoriali inconsce affidate alla tela: "amo questa mitezza dei toni, l'ariosità dello spazio, il calore degli aranci e dei gialli, il profumo di glicine dei violetti,la serenità degli azzurri, il loro continuo comporsi e dissolversi nel trascolorare delle tinte, amo questa superficie densa, crettata come terra assetata".
Alessandra Gaggini
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