Il sole del pomeriggio illumina il mare con una luce meno allegra.
La mattina la luce è giovane, azzurra, poi lentamente si sbianca e ingiallisce come la carta dei libri vecchi. La superficie fa specchio al cielo e non lascia più trasparire il fondo, l’acqua sembra più densa ed opaca.
Solo il riverbero non perde il suo fascino, ma la luce non si espande in galassie luminose, diventa sempre più concentrata fino a formare una strada incandescente, accecante, che fa chiudere gli occhi e seguirla è come sognare.
La superficie del mare è luce, sotto è buio, la luce radente non giunge nel fondo.
Io cammino sull’acqua leggero, come Pietro incontro al Signore e non distolgo lo sguardo dal sole, non sia mai dovessi affondare.
In ogni barbaglio di luce scorgo un’anima: tutta la moltitudine immensa dei santi mi precede in lunga colonna per l’invito a nozze nei palazzi del sole, e mi tiene grande compagnia.
Remo in silenzio, cantando segretamente.
È ora di tornare
È cessata del tutto la brezza ed il mare sta diventando sempre più fermo.
Otto di sera, vivo la suggestione di quest’ora la luce addensata in scia luminosa è strada di ritorno, mette fretta, il sole cala, presto scenderà l’ombra notturna e il mare mostrerà la parte oscura, il buio salirà dal fondo e attirerà nel fondo.
Guardo la prua scivolare su un’acqua immota, di seta, che lambisce con impercettibile sciabordio i fianchi della tavola.
Entro nella baia di Costa dei fiori, supero il banco di scogli che riparano la spiaggetta e lascio sfilare la canoa d’abbrivio fino ad arenarsi nella sabbia.
Il sole è tramontato, in quell’istante subito si alza un alito di vento, quasi l’esalazione di un respiro.
È scesa l’ombra, ha spento i colori cancellando l’allegria dal mondo.
Intonato, in quest’ora, suona per me il concerto d’Aranqez.
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