Bella domanda!
C’è una domanda che mi hanno fatto tutti: “Ma lei cosa pensava quando ha dipinto questo quadro?”
“cosa c’è nella testa di un artista?”
Comprendo ovviamente il perché di questa domanda, diciamo che è legittima curiosità, diciamo pure che è segno di attenzione nei miei riguardi, assomiglia all’insistenza con la quale anch’io mi rivolgo a Dio per farmi spiegare cosa diavolo gli passa per la testa quando dice che i suoi pensieri non sono i miei pensieri, ma Lui non mi dà retta e mi risponde con una battuta: “ti basta
In effetti anch’io, per altri motivi, mi devo togliere d’impaccio ogni volta facendo lo spiritoso ed il vago perché è veramente cosa impossibile dar conto e introdurre
- La risposta la porto scritta in faccia - dico - leggetemi lo sguardo. -
Tentare da lì, a ritroso, di disegnare la mappa di tutte le istanze connesse al risultato è avventura che espone a certo naufragio, ma è anche vero che quando si va per mare si confida sempre in una buona stella.
Senza questa fiducia, del resto, non si farebbe neanche un passo fuori di casa, così mi sono chiesto: perché non provarci?
Queste imprese, nonostante tutto, per me sono prassi: il pane quotidiano lo guadagno così.
Consuntivo
È passato circa un mese da che ho chiuso la partita e in questo tempo mi sono occupato d’altro mettendo tra me e quest’opera una certa distanza. La vita l’ha superata, ovviamente, e me l’ha resa estranea ed opaca ad una lettura ordinaria. Se questo libro ambisse a meriti letterari ora farei come quando dipingo, comincerei a pulire le zone del quadro troppo cariche di segni, aprirei squarci d’azzurro nella densità aggrovigliata dei colori lasciando trasparire la luce e di tutto il faticato lavoro di costruzione rimarrebbe ben poco. Allo stesso modo ora riguardando le cose che ho scritto potrei sfrondare capitolo dopo capitolo tutte le impalcature e le digressioni tenendo unite in un florilegio profumato solo le parti innamorate più intimamente connesse al tema legandole per assonanze e ritmi come in una composizione poetico-musicale. Lo scheletro, gli organi interni e con loro tutta la scienza, il metodo e la ricerca scomparirebbero alla vista sotto strati di pelle vellutata come dopo una nevicata alpina. Di tutte le asperità del percorso si percepirebbero solo ovattate ondulazioni con ombre azzurre e tutto risplenderebbe moltiplicando la luce. Come leggo in uno slogan affisso sulla porta di una chiesa, resterebbe solo ciò che è stato fatto per amore: “panta rei”, tutto passa, anche
Di norma miro a questo, al sentimento, quando con un largo pennello ricopro di colori chiari ogni parte faticata e affaticante, sono infatti concettualmente prossimo al paradosso della tela bianca e come traguardo ultimo e desiderato, al silenzio che forse è approdo d’umiltà situato all’altezza del monte delle beatitudini, una sola spanna sotto i piedi di Dio.
Di questo libro salverei pochi passi ricercati, densi e nitidi e consegnandolo al mondo così, breve, vuoto e pregnante, lo raccomanderei come faccio con gli ultimi quadri “alla cortese attenzione” dell’amore che penetra i misteri di luce, capace di riconoscere in un’ostia
Ma sicuramente poi mi sentirei rifare la domanda: “Ma lei cosa aveva in mente?” e non avrei concluso nulla.
E allora quest’opera, così come la lascio nel disordine organizzato di un laboratorio, con l’impronta del gesto rapido e dell’estemporaneità che ben rappresentano il mio attuale modo di dipingere, sia la necessaria e calzante risposta.
È anche un dovere verso me stesso: è difficile far credere altrimenti a chi non è del mestiere che in un fondo azzurro solcato da poche sconnesse pennellate variopinte sia visibile e testimoniata un’intera vita di ricerca, più difficile che risalire da una ruga impressa su un volto alla vicenda che l’ha disegnata.
E sia quella ruga la piega di un sorriso.
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