Così pericolosamente si diventa autoreferenziali, la realtà esiste solo in quanto trasfigurata o simbolica di altro. La concentrazione su se stessi diventa massima, tanto da confondere ed offuscare la visione dell’esistenza fuori da sé. Non si riesce quasi a supporre che interi universi affettivi e mentali si situino molto lontano da ciò che si concepisce.
In quei momenti non si è abbastanza poeti per lanciare folli ipotesi sulla propria vita e sul mondo. Quando ciò accade chiamiamo tutto ciò essere “realisti”, senza sapere che il Reale è spesso agli antipodi della “realtà” sperimentata.
Si diventa allora simili a buchi neri generati dall’inabissamento di una stella che ha bruciato il suo ossigeno. Attorno a questa stella lo spazio ed il tempo si richiude inesorabilmente. Nessuna luce ne esce più. La stella non invia più alcun messaggio verso l’esterno. Non ha più alcuno scambio con l’universo che la circonda. Questa stella inabissata è di una densità spaventosa.
E si dorme.... in modo opaco.
Ma che cosa sarebbero diventate le scienze e le arti se alcuni non fossero stati abbastanza “folli” da immaginare che un universo luminoso invece ci esiste accanto, anzi ne siamo immersi.... di più: è la nostra stessa essenza?
La fede e la speranza allora diventano indispensabili. Tutto ciò che può essere un “ponte” diventa il fulcro per eccellenza, il nodo, il legame. Diventa madre e padre, intimo compagno, amante, moderatore, arbitro.
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