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percorso professionale
A N T O L O G I A
venerdì 26 novembre 2010
Introduzione al video "Perdersi" di Max Loy
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”
S. Quasimodo
La solitudine per un artista è probabilmente una condizione in qualche modo nativa, connaturata allo stesso modo di essere artisti.
L’artista, archetipo junghiano del Fanciullo Eterno, sa, isolandosi nell’interiorità, assorto nel suo gioco con la serietà e l’allegria che appartengono ai bambini, ritrovare nel gran tesoro sepolto dell’infanzia il segreto della creatività. Quando ogni nuova sensazione, ogni esperienza agisce con innumerevoli suggestioni, incanti, emozioni.
Forse, all’inizio, il bambino vive beatamente immerso nel mondo delle proprie fantasie e dei propri pensieri, alla confluenza di sogno e veglia, di immaginazione e realtà.
Poi, mano a mano che la normatività del mondo adulto gli si fa sentire, questa magica disposizione iniziale svanisce.
Molti la perdono per sempre, scivolano nella noia e nell’appiattimento, a cui credono di sfuggire fuggendo la solitudine. Altri proprio coltivando quella solitudine, riescono a rivivere vaghi frammenti della propria infanzia, ad attingere da quel remoto passato una rinnovata ricchezza, ritrovandone la capacità narrativa fantastica. Questi è l’artista o più semplicemente chi mantiene il contatto con se stesso e con la propria vita interiore.
La vita interiore è il nucleo più intimo dell’esistenza, dove si è se stessi e si gioca con la propria immaginazione o si riflette. Così la solitudine dell’artista si popola di fantasmi: ricordi, scavo di sé, elaborazione di forme.
La solitudine è preziosa per l’artista. Non è mai un vuoto, un’assenza. Così come la stanza, lo studio, per l’artista o per lo scrittore, non è mai una prigione da cui si anela fuggire, ma il luogo della libertà e dell’appartenenza a se stessi
Infatti è’ solo ciò che è unico, ossia con una identità non intercambiabile, che non può confondersi con l’altrui. Qui si perde ogni accezione negativa e si comprende il valore più pregnante della parola solitudine.
La solitudine è qualcosa di talmente intimo e personale, che è giusto sfiorarla appena, lasciando a ognuno l’onere e il privilegio di ricercare un proprio senso, una propria misura.
La solitudine è l’esperienza di raccoglimento, necessaria per il confronto con la verità e con la responsabilità della propria esistenza.
Ma sussiste anche un’altra modalità della solitudine, quella spesso soffocante in cui l’odierna società istupidita dalle merci confina gli artisti. Essa è il prodotto di una doppia strategia dagli esiti ugualmente perversi. Da una parte all’artista (nella tradizione fasulla di un mito romantico) si riconoscono le sante stigmate del diverso, come di colui che non può mai stare dentro le regole senza disordinarle, in nome e per conto del proprio genio ineducabile. Nel contempo si richiede al medesimo artista di dismettere ogni finalità esteticamente e moralmente perturbante, e di ricreare i sensi intorpiditi di torme di cultori ridotti al rango plebeo di turisti.
Nella solitudine dell’artista – così intesa - agiscono meccanismi di esclusione e sentimenti di impotenza. Sono sempre gli altri a decidere per lui (il critico d’arte, il gallerista, il mercante, il politico) e a stabilirne la fortuna o la morte (culturale e civile, s’intende).
Bisogna avere molta fiducia in se stessi per proseguire il proprio cammino senza deprimersi, senza cercare il conforto di sentirsi parte di una consorteria. Sono pochi quelli che riescono a bastare a se stessi. E a tenersi in disparte.
Ecco che allora le domande sull'essere e sull'esistere sono avvertite pressantemente e poste come fondamentali nel momento in cui l'io è in crisi rispetto al vivere e all'"essere nel mondo", e si chiede la ragione del proprio esistere come sua parte e del suo rapporto con esso. L'individuo, percependosi come ente particolare, ovvero unico fra tutti gli enti, si interroga sul senso della parola essere, ma fallisce la risposta.
Oggi è ancora necessaria l’arte, in questo mondo distratto e consumista? Oggi l’arte è ancora capace di comunicare, nell’era tecnologica? Oggi interessa a qualcuno il messaggio dell’artista? L’arte è ancora sinonimo di libertà? Ma l’umanità è veramente in cerca della libertà, della verità?
Queste domande, ed altre ancora restano degli inquietanti enigmi irrisolti ed irrisolvibili. Lo spettro dell’entropia aleggia e la confusione si genera.
Perdita dell'orientamento, alterazione della coscienza, disturbi dell'attenzione, alterazioni del ragionamento, perdita della memoria, sbalzi d'umore ecc...
Ossia un particolare stato psicologico in cui non si riesce ad interpretare (ovvero organizzare in percezioni coerenti) le sensazioni, le quali producono impulsi contraddittori.
In questo “caos” risulta un’aggravante il fattore “TEMPO”.
La questione del tempo è davvero di cruciale importanza. La funzione del tempo è quella di favorire la progressiva autoconsapevolezza, che è poi la coscienza della propria umanità. Ma non significa affatto che lo scorrere del tempo sia di per sé garanzia di un approfondimento qualitativo dell'autoconsapevolezza umana. Anzi, proprio lo scorrere del tempo è di per sé indice di indeterminatezza ontologica e che, in tal senso, la fine del tempo è una necessità intrinseca alla natura umana, che ad un certo punto ha bisogno di rendersi conto di quali sono le caratteristiche fondamentali, assolutamente irrinunciabili della propria umanità.
Ogni cosa che impedisce all'uomo di essere quello che è, ogni cosa che lo ostacola in questo cammino, pone dei ritardi che vanno poi recuperati. Il tempo scorre a prescindere dall'autoconsapevolezza umana, ma non scorre invano, per nessun essere umano della terra. Il tempo ha senso se può essere riempito di significato.
«“Si passa la vita a rimpiangere ciò che si ha avuto fretta di perdere, e, non avendo imparato nulla dal passato, noi non cessiamo di sperare che l’avvenire ricominci”
E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare.
di G. Ungaretti
La consapevolezza dello scorrere del tempo crea la frammentazione dell’animo. La frammentazione che questo apporta tra la percezione dell’attimo presente e il ricordo del tempo passato. In quanto l’attimo presente è come se non esistesse, in quanto appena lo percepiamo è già passato. E’ fortissima la percezione della labilità e precarietà della vita umana, continuamente incalzata dal sempre più veloce avvicinarsi della morte, a cui porta lo scorrere inesorabile del tempo.
L’unica forza di coesione, centripeta; la luce che rischiara la notte; la brezza leggera che accarezza e dipana la nebbia è: l’amore e la contemplazione della bellezza.
“Perché è la contemplazione che preserva, in seno alla comunità degli uomini, la verità che è al contempo priva di utilità e parametro di ogni possibile utilità; così è la contemplazione che mantiene il vero fine in vista, dando significato a ogni atto pratico della vita"
La contemplazione a volte si sperimenta come un fugace intuito che illumina l'anima che in un momento di grazia può elevarsi fino a un saggio di visione beatifica della divina essenza.
L’esperienza di Dio è più facilmente percepibile nelle Sue opere, perciò nel creato .... nella propria donna, nella compagna di viaggio. Ecco che lei viene considerata il simbolo e l’emblema del vero, del buono e del bello.
Solo attraverso la sua presenza e per la sua essenza si orienta il veliero in secca, si gonfiano le vele per un ritorno in porto. La donna, la fonte della vita, l’amante, l’innocente ed eterna bambina, la compagna di giochi e di sogni.
Speranza e accoglienza, futuro e ricordo, l’arcobaleno dell’alleanza....
In lei si manifesta il paradiso perduto... e si perpetua trasfigurato nelle diverse stagioni... Lei, traghettatrice instancabile del mondo reale, caritatevole dama, burlevole cortigiana.... Lei, musa ispiratrice .... lei, libertà e vita.
Ora che il tempo passa è ancora più necessaria la sua discreta presenza e tanto più coinvolge quanto più se ne avverte l’evanescenza... E’ tempo di rettifiche, di limature, di dettagli ....
Ma fintanto che c’è, sarà la stella dei naviganti ..... il muro che attutisce i rumori del mondo.... il progetto, la relazione ..... la fine sarà lontana ..... e allora ....
naufragar m’è dolce in questo mare.