Dunque specchiatevi dentro e scoprite qual è il vostro stile.
E perché?
Avete concepito qualcosa che in fondo non vi interessa e vi annoia anche un po’?
Avete inserito elementi inutili che potevate evitare?
Come mai ve ne accorgete solo ora?
Come stanno le cose: avete le idee chiare o state cercando una soluzione?
E il vostro umore come va? Vi state divertendo?
Siete fiduciosi o sconfitti? Determinati o rinunciatari?
Cos’è che vi piace in quel che avete fatto? Perché?
In che cosa consiste la differenza tra ciò che vi piace e quel che non vi piace?
Dove corre l’asse portante del quadro? C’è coerenza nell’insieme?
Ed ora, che cosa farete? Come andrete avanti?
Vi affiderete al caso? Farete degli esperimenti “o la va o la spacca”?
O preferite fermarvi qui, sotterrare il vostro talento, per non perdere quel po’ che siete riusciti a realizzare?
A quale criterio vi state ispirando? Cosa volete dire con quest’opera? E’ necessaria quest’opera? A chi? Per chi state dipingendo?
Può darsi che non ci siano risposte a queste domande. Considerate il vostro lavoro come un dovere compiuto. Potevate indubbiamente fare di più e meglio, ma questo è un vecchio ritornello. Ad ogni esame di coscienza è sempre così: siamo stati inadeguati, ma domani è un altro giorno: “provaci ancora Sam”.
Meglio far riposare la mente: una notte di sonno può fare miracoli. Forse nel buio, ad occhi chiusi, dal mare dell’inconscio affioreranno le risposte da decodificare di giorno.
Tratto da “Piccolo saggio sulla pittura” di Max Loy