......”Perché non dipinge il mare?” mi hanno chiesto in tanti.
Ma cos’è il mare? E’ una sindrome talmente varia e complessa che preferisco lasciarlo presagire, accennarlo sullo sfondo, farne sentire il profumo, tentare il blu fino al verde, poi basta: non competo coi giganti.
Niente onde che si infrangono sugli scogli, niente navi in balia di tempeste, niente tramonti napoletani, niente barche a Portofino, cose grandiose e bellissime, ma ingannevoli, indulgono alla teatralità del sentimento, eccedono del terribile e del bello fino a sazietà.
Il mio mare spirituale, che non esiste in nessun luogo della terra, è tessuto nell’ordito dei miei quadri con filo azzurro. Le suggestioni che emana non sono realtà corporee che si possano accarezzare con lo sguardo avido di possesso di chi abita il primo scalino dell’Amore.
Il mare dei miei quadri è nodo al fazzoletto, aiuto a ricordare cose sepolte nella memoria, è vela, è ala per staccarsi dal suolo, profumo nell’aria che rivela il passaggio di un santo.
Il mare è ciò che ho sempre nella mente.
Quando penso a Dio, lo penso con le categorie del mare ed il fragore delle acque è voce di moltitudini immense, come è corteo di anime lo sfavillio di miliardi di fiammelle di luce adunate in scia incandescente al tramonto.
Il mare è grande silenzio, è respiro, vastità, è abisso di tenebra, è inconscio, è destino, molto più di tre quarti del peso del mondo in acqua salata.
Max Loy