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percorso professionale
A N T O L O G I A
lunedì 3 maggio 2010
Solo di Edgar Allan Poe
come gli altri erano, ne' vedevo
come gli altri vedevano.
Mai derivai da una comune fonte
le mie passioni - ne' mai,
da quella stessa, i miei aspri affanni.
Ne' il tripudio al mio cuore
io ridestavo in accordo con altri.
Tutto quello che amai, io l' amai da solo.
Allora - in quell' eta' - nell' alba
d' una procellosa vita - fu derivato
il mistero che ancora m' avvince -
dai torrenti e dalle sorgenti -
dalla rossa roccia dei monti -
dal sole che d' intorno mi ruotava
nelle sue dorate tinte autunnali -
dal celeste baleno
che daccanto mi guizzava -
dal tuono e dalla tempesta -
e dalla nuvola che forma assumeva
(mentre era azzurro tutto l' altro cielo)
d' un demone alla mia vista -
La lettura di un'opera d'arte
L'arte possiede un linguaggio universale che le permette di raggiungere il suo scopo comunicativo indipendentemente dal livello di competenza artistica del fruitore. Tale conoscenza però si ferma solamente al livello emotivo se non si conoscono adeguate metodologie di lettura che portano all'acquisizione della piena consapevolezza del valore dell'opera che si sta osservando. La lettura di un'opera è un percorso, e come tale ha delle tappe.
Una di queste è l'analisi della tecnica pittorica utilizzata e quindi i materiali con cui l'opera è stata realizzata è un importante fattore di comprensione ed inquadramento dell'opera visuale.
Una analisi di tipo tecnico condurrà alla valutazione di elementi come le dimensioni, il supporto, le tecniche adottate e il medium utilizzato per la trasmissione del messaggio, - se si tratta cioè di un olio su tela, un affresco, di un acquerello, etc…
Inoltre interpretare la simbologia contenuta all'interno dell'opera e riconoscere le modalità secondo le quali l’artista ha utilizzato i modi di rappresentazione e l'organizzazione spaziale delle immagini serve per meglio giungere al significato dell'opera e analizzarla poi criticamente.
domenica 2 maggio 2010
l'arte astratta
Scrive Wittgenstein: «Non pensare che sia cosa ovvia il fatto che i quadri e le narrazioni fantastiche ci procurano piacere, tengono occupata la nostra mente; anzi, si tratta di un fatto fuori dell’ordinario. Infatti il carattere logico della proposizione in quanto immagine è dato dal suo essere ‘rappresentazione’ di qualcosa, ossia dal suo rinviare a qualcosa d’altro da sé. Perciò le sue riflessioni sull’immagine si riferiscono non all’immagine come ‘copia’ della realtà, bensì all’immagine intesa appunto come ‘icona’.
Nell’opera d’arte qualcosa è rappresentato e si offre alla vista, ma qualche altra cosa nello stesso tempo ci guarda, ci ri-guarda. Nella visibilità del quadro è in opera qualcosa che non si lascia cogliere e che, come l’oblio, resta sempre altro rispetto a ciò che possiamo ricordare.
Nell’opera d’arte qualcosa è rappresentato e si offre alla vista, ma qualche altra cosa nello stesso tempo ci guarda, ci ri-guarda. Nella visibilità del quadro è in opera qualcosa che non si lascia cogliere e che, come l’oblio, resta sempre altro rispetto a ciò che possiamo ricordare.
L’arte astratta fa appello all’occhio spirituale, ossia allo sguardo, e ciò comporta il rifiuto della tradizionale distinzione soggetto-oggetto, dal momento che l’oggetto è in tale prospettiva un soggetto che ci cattura proprio mentre lo guardiamo.
L’astrattezza del segno, la sua non-rappresentatività, è quindi la manifestazione della sua «risonanza interiore», ossia della sua «spiritualità».
Già la mistica tedesca medievale affermava, con Meister Eckart, che, come Dio agisce al di là del mondo dell’essere, così l’anima, che è in grado di rappresentarsi le cose che non sono presenti, opera nel non-essere; un’analoga operazione compie il pittore astratto, che nientifica il mondo naturale delle cose, dando vita a un mondo di entità non-oggettive, inesistenti e tuttavia reali.
tratto da “Icona e arte astratta”
di Giuseppe Di Giacomo
Mostra permanente a Villa de’fiori, Pistoia
http://www.villadefiori.it/
http://www.villadefiori.it/arte-in-villa.php?PHPSESSID=fmdmzjvk&lang=en&PHPSESSID=fmdmzjvk
Come si possa inserire un quadro d’arte moderna in un ambiente familiare, lo si può vedere a Villa de’ fiori, dove sono esposti in permanenza diversi quadri di Max Loy. Questo artista lo trovi facilmente nel suo studio in città, in via Abbi Pazienza, circondato sempre da cataste di tele e pannelli con un unico piccolo spazio che dedica a sé per dipingere. Dice di essere entrato nella seconda fase del proprio lavoro, quella aperta verso l’astratto, e non certo per moda, piuttosto per tener dietro con la “semantica dei segni e del colore” ai suggerimenti razionali, ma soprattutto emotivi del cervello. Ecco perché tutti i suoi quadri attuali si possono intitolare “Dextra et sinistra pars mentis”, una formula che ha preso come etichetta.
Max Loy era prima un figurativo che guardava molto alla forma che sapeva ormai dominare fin troppo bene. “Ma” confessa lui stesso “avevo esaurito ogni stimolo, per cui ho voltato pagina. Dal nuovo millennio, proprio dall’anno 2000, ascolto il fraseggio nascosto delle emozioni con atteggiamento passivo e spontanea contemplazione come quando ascolto la musica. I miei quadri” spiega “li concepisco come finestre aperte sull’inconscio di ciascuno dove ognuno possa trovarvi la propria personale fantasia, i propri sogni, ricreati nel loro mistero”.
Ma la sua non è arte istintiva appunto perché è sorvegliata dalla ragione. Lo si vede dagli equilibri cromatici e dai segni grafici che uniscono le varie parti del quadro quel tanto che basta. Perfino i forti contrasti convivono armonicamente, mentre il disegno si fa sottile e sotteso pentagramma su cui danzano percezioni come note di sinfonie novecentesche. Il ritmo è appunto un’altra conquista di Loy: “..la vita è ritmo..” osserva “…lo è tutto il creato.” Per cui la pittura che voglia rappresentarli non può non esprimere questa musicalità che è voce di vita quotidiana ed ancor più eco dell’anima universale.
Cosicché non sorprende la sua partecipazione a due appuntamenti della scorsa edizione “Suoni e riflessi”, promossa dal Comune di Firenze il giorno 4 novembre e il 2 dicembre alla sala Vanni della chiesa del Carmine.
Ma la sua non è arte istintiva appunto perché è sorvegliata dalla ragione. Lo si vede dagli equilibri cromatici e dai segni grafici che uniscono le varie parti del quadro quel tanto che basta. Perfino i forti contrasti convivono armonicamente, mentre il disegno si fa sottile e sotteso pentagramma su cui danzano percezioni come note di sinfonie novecentesche. Il ritmo è appunto un’altra conquista di Loy: “..la vita è ritmo..” osserva “…lo è tutto il creato.” Per cui la pittura che voglia rappresentarli non può non esprimere questa musicalità che è voce di vita quotidiana ed ancor più eco dell’anima universale.
Cosicché non sorprende la sua partecipazione a due appuntamenti della scorsa edizione “Suoni e riflessi”, promossa dal Comune di Firenze il giorno 4 novembre e il 2 dicembre alla sala Vanni della chiesa del Carmine.
Paolo Gestri
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