Tratto dal libro di Max Loy "Il presente"
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A N T O L O G I A
martedì 12 luglio 2011
Inquietudine
(...) Massimo rimase indeciso, non sapeva minimamente che cosa voleva, si sentiva irrequieto e scontento, ma non sapeva perché.
Inforcò la bici con la sensazione di aver fatto la scelta sbagliata. Lui era sempre solo, quando lavorava era solo, quando riposava altrettanto, quando si perdeva nelle sue astrazioni era distante anni luce da tutti, se c’era una cosa di cui aveva assoluto bisogno era la compagnia, la condivisione del tempo, lo stare insieme, il partecipare ... Eppure un istinto lo chiamava sempre fuori: fuori dal gruppo, fuori dai contesti, fuori dal tempo ... lasciandolo con il timore plausibile d’essere, in conclusione e per ironia della sorte, fuori di sé.
Svoltò a destra, ancora a destra, poi a sinistra, infilando ad una ad una, come perle d’una collana rotta, tutte le strade che conosceva d’abitudine, traendo conforto dalla ripetizione rituale dei gesti. Così anche allora celebrava il suo memoriale, se ne andava da casa per farvi ritorno, ripetendo quel gioco che la vita gli aveva insegnato: partire e tornare e, paradosso sofferto, essere col pensiero e col cuore sempre dove non si è per assumere una presenza più densa, vedere di più, nel dettaglio e con amore il presente, dalla distanza dei morti.
Ed ecco davanti a lui ancora il mare e una spiaggia deserta. Due vecchie barche di legno tirate in secca, canapi e reti e acqua cheta, pace e solitudine: tramonto. Una strada di luce sull’acqua per andare lontano e lo sguardo che segue il pensiero, sconfinando su orizzonti di sogno.
Scosse la testa sconfitto: “METAFORE”!
Ovunque posasse gli occhi, qualsiasi cosa udisse, qualunque fatto accadesse altro non era che metafore: qualcosa in funzione di qualcos’altro, stanze trasparenti incolonnate a formare interminabili corridoi, convergenti da tutte le direzioni in un unico, imperscrutabile, centro significante: Dio.
Massimo non vedeva altro che Dio in tutte le salse. E non ne poteva più, se così si può dire, perché si rendeva benissimo conto che in realtà quello che vedeva non era mica veramente Dio, no: era il Suo Nome, DIO così com’era scritto D-I-O, tre lettere per tre Persone.
Un nome, un GRANDE NOME, ma non faceva molta compagnia.
Come poteva riempire la sua insondabile solitudine solo con un nome?
Se lo chiedeva continuamente.
( ...) Pervaso dalla pace dell’ora ed immerso in quella luce avvolgente il suo spirito sentiva rimessi i peccati e, abbandonata ogni inquietudine andava disponendosi al ringraziamento con cui ogni sera voleva chiudere il giorno. La sera era un momento a parte, così come in natura, la velocità del tempo frenava la sua corsa ed i gesti acquistavano la lentezza che conferiva loro la solennità che preludeva al sonno, porta del tempo, introito al Mistero.
Tratto dal libro di Max Loy "Il presente"
Tratto dal libro di Max Loy "Il presente"
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