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percorso professionale
A N T O L O G I A
lunedì 18 febbraio 2013
Il mio biglietto da visita
Secondo me
Sono persuaso che gli interlocutori di
un artista non siano mai stati reperibili nel “sistema”.
Vedo
interazioni, sollecitazioni indirette, ma non una vera attenzione reciproca.
Non si può considerare un interlocutore adeguato “il sociale”, non è
l’economia, non è la scienza, non è lo sport e non è nemmeno la religione che
ha sempre considerato e considera tuttora l’arte uno strumento didascalico,
utile per i propri scopi.
Ma chi è un
artista? Cos’altro cerca in un mondo che sembra ormai avere tutte le risposte
allineate sugli scaffali del supermercato mondiale dell’informazione on line?
Internet,
una dimensione sovrabbondante rispetto alle possibilità esplorative del più
esigente ricercatore, ma che nasconde il limite delle colonne d’Ercole del
sistema uomo.
Oltre quel
segno il mondo finisce, ma è impossibile arrivare fin là.
L’informazione
non è comunque la priorità dell’artista,
che non si muove in questo ambito, non è interessato a nessuna delle notizie in
commercio, può stimolarlo un certo tipo di domande, a livello culturale prende
visione anche delle risposte, ma fin dall’inizio e in conclusione cerca
unicamente un’esperienza profonda e personale che divenga ponte tra sé e un
misterioso interlocutore sottinteso, che è modalità tipica ed esclusiva del
rapporto d’amore.
Poi, se si
vuole essere esatti, e l’arte è esattezza, è giusto dare le generalità di
questo partner che, altrimenti, rimane idea vaga che confonde.
Allora dico
subito che intendo la vita.
Ma cos’è la “Vita”?....Chi è?
Scartabello
tra le mie scartoffie che raccolgono una quantità modesta, ma selezionata
d’informazioni e trovo una frase che fa al caso:
“Io sono la
Via , la
Verità , la Vita ”
Firmato:
Dio.
Bene, così
sappiamo di chi stiamo parlando
Il rapporto d’amore contempla un
caleidoscopio comportamentale infinito ed infatti infinite sono le tipologie
dell’Arte, però esiste in questo infinito una linea di discrimine, un punto di
partenza o di non ritorno che segna la direzione di questa straordinaria
avventura. Forse più che un segno tracciato sul suolo è una modalità, una legge
ineludibile che stabilisce il canone del linguaggio: il triangolo.
Non sto
parlando di dissolutezze erotiche, voglio dire che l’artista non ha voce, né
verità, né bellezza se, al momento di comunicare l’esperienza unica della sua
vicenda amorosa non è passato attraverso il satellite degli “Universali”: un
triangolo, roba sacra e misteriosa come le piramidi… come la Trinità.
Naturalmente
il mondo se ne strafrega delle storie d’amore, a meno che non sia roba che
possa dare scandalo il che, chiaramente, non ha niente a che fare con l’Arte.
Rizza le orecchie all’idea del “triangolo” per vendere pornografia.
Dentro
l’ambivalenza del “mistero uomo”, in quell’intervallo costituito dal lungo
cammino d’emancipazione e d’individuazione d’identità trova spazio una
provvisoria convivenza con il mondo che mette a dura prova il discernimento in
contesti sempre relativi. Sta scritto: “grano e zizzania cresceranno assieme
fino alla mietitura”, secondo la pazienza di Dio.
Ma quando
l’arte si schiera apertamente e, senza indulgenze, ammiccamenti e doppi sensi
rende la propria testimonianza, il mondo gli sbatte su due piedi la porta in
faccia.
Così
l’artista autenticamente impegnato nella missione in cui crede è destinato da
sempre all’emarginazione ed a portare da solo l’esaltante e onerosissimo peso
di un segreto vertiginoso.
“Il padrone di un campo
vedendo degli uomini oziosi seduti in piazza disse: - andate a lavorare nella
mia vigna, poi quanto è giusto, ve lo darò. -“
Il mio antidoto contro la depressione è
il lavoro: io lavoro sempre, continuamente e non stacco mai la spina perché non
posso e non voglio.
Lavoro a
tutte le ore del giorno e della notte, tutti i giorni dell’anno e per 56 giri
della terra intorno al sole non mi sono mai concesso una vacanza. Il mio lavoro
è pensiero in primo luogo, in secondo comunicazione.
Sono un
artista, uno dei tanti, preso ancora bambino tra quegli uomini che oziavano in
piazza. Lavoro sereno, certo degli accordi di ingaggio, in attesa di ricevere
da Dio, alla scadenza del tempo, quello che è giusto, senza fare commenti.
Ho atteso
con impazienza di raggiungere questa età per due motivi: il primo è che
lavorare stanca, il secondo è una questione di decenza: non si può chiedere lo
stipendio il primo giorno d’impiego. Non voglio dire con questo che il mio
giorno lavorativo sia finito, non sto pregustandomi una pensione che non è mai
stata contemplata quale traguardo. Lavorerò fino all’ultima ora, è chiaro.
Intendo altro.
I segni dei
tempi e l’ora del giorno li calcolo dalla corsa del sole ed ora che il suo arco
è più basso sull’orizzonte, dove ho sempre l’occhio in attesa, ora che la luce
aranciata ammorbidisce i contrasti del mondo, capisco che è l’ora propizia per
completare il lavoro di questa lunga giornata, per non arrivare impreparato e
trafelato a sera.
Cosa che non
mi piace.
Amo l’ordine
e le cose compiute: una bella e netta parabola, da li a là. Basta.
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