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percorso professionale
A N T O L O G I A
mercoledì 30 novembre 2011
Recensioni da repertorio: Castelvecchio, Verona 1987
Nei suoi dipinti Max Loy svela una profonda esigenza sentimentale di risalire alla realtà di quei sogni e miraggi esotici che gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza nutrono senza posa e risparmio. Non ci troviamo qui infatti al cospetto del fantastico, intellettualistico surreale, o del chimerico mondo primitivo dei naifs.
In Max Loy riemergono i volti, i cieli, i tramonti vagheggiati con minuziosa perfezione immaginaria in quella stagione di insaziate avventure oniriche che è la primissima giovinezza; stagione di archetipi impossibili, di sfere magiche e di candidi turbamenti, propizia all’invenzione di favole e leggende, di trasparenti confessioni dei propri segreti più profondi.
Max Loy è cosciente di questo sdoppiamento dell’apparentemente reale, per l’irrompere o meglio per il riaffiorare continuo, nel presente, della memoria di immagini perdute.
Licisco Magagnato
Licisco Magagnato (1921-1987), che ricoprì l’incarico di direttore dei Musei Civici di Verona tra il 1956 e il 1986, non fu soltanto uno dei grandi protagonisti della vita culturale, apprezzato a livello nazionale e internazionale per i suoi studi di storia dell’arte e quale promotore dell’opera di Carlo Scarpa, che tra il 1958 e il 1964 rinnovò il Museo di Castelvecchio.
Fondatore di altri musei nella città scaligera, condusse una lunga battaglia in favore della tutela nazionale del patrimonio storico e artistico, contro lo spezzettamento regionalistico propugnato allora da vari esponenti del mondo intellettuale. Nel 1987 fu nominato primo presidente dell'Istituto Veronese per la storia della Resistenza. Morì prematuramente l'11 aprile dello stesso anno.
domenica 27 novembre 2011
Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA
Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e
fasi di costruzione di un quadro
1996
E’ scoraggiante! Vorrei scrivere quel che dipingo e dipingere quel che scrivo. Questa indecisione potrebbe diventare un ottimo argomento per rinunciare ad entrambe le cose. Ma non deve essere così. Stabilisco quindi una massima che terrò sempre presente: non importa se le cose non mi vengono incontro festose e facili. Non importa, vado avanti lo stesso: con la volontà. La volontà è affidabile se ha motivazioni ben fondate.
Per me la volontà di “fare”, che suona come “far nascere”, “elaborare”, “costruire” viene dalla motivazione che mi sono dato all’inizio della vita: esistere è meglio che non esistere. Partendo da questo presupposto posso organizzare un lavoro anche in assenza di ispirazione, di stimoli e di gratificazioni. Ho stabilito che fare è un dovere etico ed a questi imperativi non si risponde altrimenti che “Signorsì!”.
E’ vero che da qualche parte mi giunge notizia che “l’otium” sia da considerarsi altamente etico: comprendo, però non fa per me. Lo ritengo un ottimo rimedio contro la schizofrenia del sistema di vita attuale ma, al di fuori di un contesto così degenerante, francamente lo giustifico meno.
Quindi, stabilito che il postulato che “fare” è bene e doveroso, mi organizzo. Per fare ho bisogno di una tecnica appropriata e per procurarmi la tecnica giusta devo ricorrere ad un metodo di ricerca che è l’elaborato delle categorie mentali logico-deduttive che sono in concordanza con l’universo, che sembra la traduzione costruttiva del concetto di coerenza.
Quindi anche per me lo stile della mia ricerca maturerà una tecnica coerente. La tecnica necessariamente radunerà intorno a sé gli strumenti con i quali operare e si inventerà un laboratorio. A questo punto ho quanto basta per partire: uno stile, una tecnica ed un laboratorio.
E se l’universo è coerente,
l’universo ha anche uno stile.
Supernova from Glenn Marshall on Vimeo
martedì 22 novembre 2011
Come risorgiva
Si addormenta l’ansia
Cadenzando balzelli nell’aria estiva
Come risorgiva zampilla l’energia
Trasportando con sé incertezze
Emergono speranze
accompagnandoti alla riva.
Maristella Angeli
domenica 20 novembre 2011
Piccolo saggio sulla pittura - Prefazione
Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e
fasi di costruzione di un quadro
1996
Prefazione
Da qualche mese ho degli allievi che frequentano la mia bottega “Il Privilegio dei Pazzi” per imparare a dipingere.
Sento così il bisogno di fare quello che, essendo solo, non avevo mai fatto esplicitamente: chiarirmi le idee sulla metodologia della mia ricerca e del mio insegnamento.
Ne è nato un libro, come un pro-memoria.
Il mio amico Sandro, al quale ho letto qualche passo buttato giù lì sul momento, durante una lezione, oggi mi ha riportato una frase tratta dall’epistolario di Van Gogh, dicendomi:
- Mi sono ricordato di quest’opera e ti ho trascritto questo pensiero, perché mi sembra proprio adatto come citazione d’apertura al tuo lavoro. -
“... Io ho un bisogno terribile di religione; allora vado di notte a dipingere le stelle ...”
Bravo Sandro! Questa frase avrei potuto scriverla io e con lo stesso stile.
Partendo dunque da questo aforisma, annoto alcune convergenti considerazioni. Le allineo qui di seguito, gerarchicamente, in ossequio alla disciplina militare di mio padre.
La prima di queste è infatti che mi sento in debito, io ho un grosso debito con il Padre Eterno. Mi è stato affidato un talento che devo restituire, giustamente, con gli interessi, e, con i soldi, sapete bene, non si scherza.
Ma quel che più mi preme e che va un po’ oltre il dovere è il desiderio di ritornare da Siloe per pronunciare un sentito grazie riconoscente. Ovviamente il dono del talento è stato fatto a tutti, con molta fantasia, e comporta insieme gioia e dolore, fatica e gratificazione, morte e resurrezione, da quando Adamo volle gettare lo sguardo su entrambi i versanti del monte di Dio. Ma tutto questo non riguarda che l’alba dell’uomo. Nella maturità dei tempi ci è stato dato il vero inestimabile dono: la promessa, la strada, la forza e la stella dei naviganti, unitamente ad un compito e ad una missione: rendere testimonianza.
Grazie di questo, Signore. Amen.
Il secondo motivo che giustifica questa fatica è la prudenza: la vita è sempre molto fragile. La mente può svanire, possiamo rimbambire dall’oggi al domani e non ricordarci nemmeno l’indirizzo di casa. E’ già da tanto che soffro di vuoti di memoria ... inizio un discorso e poi mi fermo perplesso, perché non ricordo che cosa volevo dire; inizio un lavoro con un progetto e poi me lo dimentico e regolarmente invento un altro itinerario.
Salgo in macchina e svolto automaticamente nella strada che mi riporta in garage, perché sono soprapensiero. Meglio allora mettere le mani avanti e seminare i miei percorsi con i sassolini di Pollicino.
La terza considerazione è che ho dei figli, “spirituali” e non: voglio loro una mappa, una “mappa del tesoro”, come un vecchio pirata in pensione.
Siete anche voi, con le vostre domande e le vostre pretese: continuate a lagnarvi ogni giorno che il tempo è tiranno, che la vita è una corsa senza senso, che c’è una ruota che vi trascina, che non siete liberi di essere voi stessi e continuate a ripetermi “beato te ... beato te ...”. E allora come la mettiamo? A me sembra che mi vogliate prendere per i fondelli. Così, anche per questo voglio rispondervi. Vi mostrerò quanto sono beato, perché sono beato e come si fa per diventare beati. Poi vedremo se invidierete ancora questa mia beatitudine che vi metterò a portata di mano.
Il quarto motivo è che mi piace scrivere: mi completa.
Il quinto è il “business” ... chissà ... se riuscissi a fare un bel business con questo libro avremmo finalmente un argomento di conversazione.
L’ultimo importante motivo è che ci sono moltissimi altri importanti motivi, cioè, come si usa dire oggi per dare garanzie di serietà, sono “seriamente motivato”.
Poi, com’è giusto, dopo le motivazioni vengono le intenzioni, anzi, le “buone intenzioni” che, a mio giudizio, questa volta sono veramente esagerate, ma, come capirete, in questi casi ci si comporta come quando si tira con l’arco: più lontano è il bersaglio, più bisogna puntare in alto. Ed il mio bersaglio è stato quello di concepire un’opera nuova nel suo genere, sia nella finalità che nei contenuti.
Premetto infine, che quanto andrò esponendo è tratto esclusivamente dalla mia esperienza personale e perciò mi assumo interamente la responsabilità di ciò che ho scritto.
Sarò molto felice se saprò che qualcuno avrà tratto vantaggio da questa lettura, viceversa, se il libro risultasse indigesto e superfluo lo si getti tranquillamente nel fuoco: il mondo non si accorgerà di nulla.
Il mare: metafora dell'esistenza
L'esistenza è un mare,
le parole sono le sue sponde;
le conchiglie sono le lettere,
le perle l'intima conoscenza .
Ogni onda proietta mille perle,
regali della tradizione e dei testi sacri.
Ad ogni attimo si infrangono migliaia di onde,
eppure l'acqua non diminuisce d'una goccia.
Il sapere e la conoscenza nascono dentro questo mare,
che ne avvolge le perle della voce e della scrittura.
Rumi
giovedì 17 novembre 2011
Dea e mito: gocce di psicologia del femminile
Le dee sono immagini di donne vissute nella fantasia umana per oltre tremila anni e riproducono o rappresentano ciò che le donne sono, con un potere maggiore e un comportamento più differenziato di quanto storicamente non sia stato loro consentito di manifestare. Sono diverse l'una dall'altra. Ciascuna ha caratteristiche tanto positive quanto potenzialmente negative.
I miti che le riguardano mostrano ciò che per loro è importante e ci suggeriscono, sotto metafora, ciò che una donna che assomiglia loro può fare.
tratto da un testo del Dott. Zanetti Gigliola
Atena è la divinità per eccellenza dell'Acropoli. Incarna il senno e la ragione. Ella è sì anche la dea della guerra e dell'ardire, del valore e della vittoria, pretende però dai suoi protetti azioni che siano il frutto di riflessione, di fermezza di carattere. Il senso del realismo, caratteristica femminile, è di Atena.
Nell'arte, Atena è spesso raffigurata con scudo. Sacri alla dea erano l'olivo, il gallo.
Da lei impararono l'arte i fabbri, i carpentieri navali, i fonditori e orafi, da lei le donne l'arte di tessere. La sua verginità è ovvia e sicura di sé, non solo non viene mai sfiorata da un attimo di titubanza, ma mai a nessuno dei tanti uomini cui si accompagnava, venne mai in mente di trattarla con atteggiamento men che rispettoso.
Atena è la ponderatezza, il senno, il pensiero che porta all'azione, tutti stati d'animo che escludono ogni sentimentalismo o abbandono, che invece è richiesto dall'amore.
martedì 15 novembre 2011
Quadri di vetro
(aprire in un'altra finestra)
- Vede - dico allora - questi quadri sono, innanzi tutto, trasparenti…. Lei può guardare attraverso di loro come fossero di vetro.
Questo non accade nella pittura figurativa dove il pittore, se è bravo, definisce ogni dettaglio così bene che l’osservatore è pressoché obbligato a percorrere passo passo tutta la strada che gli è stata preparata per farlo giungere esattamente li dove era previsto arrivasse.
Ma qui non è così, in questi quadri magicamente esistono tante strade per quanti uomini contiene il mondo e ognuno può scegliere quella che più gli somiglia e, inoltre, guardando attraverso queste finestre, immancabilmente si finisce per vedersi dentro.
Faccio notare allora che stare bene davanti a questi quadri significa dunque anche stare bene con se stessi e di più, se essi vivono della nostra ricchezza interiore, godere di loro sta a significare che siamo ricchi dentro. E tutto questo, come vede, è espresso in modo giocoso, disinvolto, spontaneo e informale. Si parte dalla piacevolezza di superficie per scendere alla profondità che vogliamo e di cui siamo capaci senza fare sforzo e senza bombole d’ossigeno prese in prestito. Che ne dice? –
Potrei continuare per ore descrivendo la tecnica, dimostrando quanta affinità esista tra canone estetico e morale, tra arte e vita, gemellando le alchimie compositive alla scienza e alle leggi dell’universo fino ad appoggiare questo fantasioso e rigorosissimo castello logico sulle monolitiche fondamenta della Chiesa e da li spiccare il volo verso l’infinito agganciandomi alla scia delle comete….potrei fare certamente tutto questo e colto da raptus creativo modulare la voce fino al canto…..
Tratto dal libro "Costa dei Fiori" di Max Loy
Generare
Gusto la bellezza e mi emoziona l’atto simbolico
di “mettere al mondo”,
di “generare”,
di dare vita.
Tutto ciò mi commuove e mi esalta.
Questa sensibilità è necessaria per cavalcare l’onda anomala e gigante dell’ispirazione.
Con lei posso conoscere le regioni che si estendono al di là del mio piccolo orizzonte.
Rigore e misericordia
Quando una cosa non mi riesce penso ingiustamente di non aver lavorato, mi do dell’inetto e del vagabondo. Non serve ricordare che su questo dannato quadro ho speso ore e fatica: col mio metro valgono zero. Non sono come quei professionisti che anche se non risolvono il caso devi pagare lo stesso, no, per me ogni quadro firmato dev’essere un caso risolto: devo a me stesso uno standard di qualità. Ragion per cui se non mi sento in vena solitamente mi dedico ad altro.
Ma ora mi sono intestardito: Bene! Caro quadro, a noi due! Così esploro per ogni verso il quadro, compio il solito gesto di stender un braccio e di strizzare un occhio, che ha lo scopo di escludere alla vista porzioni dipinte che tento d’immaginare diverse, poi mi avvicino, capovolgo il pannello e ricomincio l’analisi. Alla fine decido di sparare nel mucchio, prendo il pennello, lo immergo nel rosso e zac! Poi tocca al blu: zac! E vai col giallo: niente di meno che i colori fondamentali, cosa ovvia per un fondamentalista.
Ancora no, non ci siamo. Aver sprecato dieci chili di colore, stratificato uno sull’altro per non concludere niente è uno smacco che mi brucia come un insulto.
Faccio guizzare le ultime due pennellate intinte nell’oro acrilico, affidando alla rabbia l’ultimo tentativo di salvare l’opera e resto sul colpo a valutare il risultato.
Mi allontano ricordandomi che Dio è misericordia e lentamente mi volto per il giudizio finale: un’Apocalisse.
domenica 6 novembre 2011
L'incanto spezzato
...... Cadde l’incanto, e spezzato con esso, a terra sparso il giogo: onde m’allegro.
E sebben pieni di tedio, alfin dopo il servire e dopo un lungo vaneggiar, contento abbraccio senno con libertà.
Che se d’affetti orba la vita, e di gentili errori, è notte senza stelle a mezzo il verno, già del fato mortal a me bastante e conforto e vendetta è che l’erba qui neghittoso immobile giacendo, il mar la terra e il ciel miro e sorrido.
(piccolo stralcio da "I Canti" di G. Leopardi)
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