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A N T O L O G I A
domenica 26 settembre 2010
La tela bianca
Quando fissiamo sul cavalletto una tela bianca, così quando spianiamo davanti a noi una pagina di un quaderno, non siamo, come può sembrare, all’inizio di un’opera, ma alla fine.
Infatti non potremmo iniziare nessun lavoro, non potremmo concepire un bel niente di nuovo se non avessimo portato a maturazione quell’enorme e sempre misterioso processo di crescita che consiste nell’accorgerci che stiamo vivendo.
Non è esatto nemmeno affermare che l’artista crea qualcosa. L’artista non crea nulla dal nulla. Questo lo può fare e lo ha fatto solo Dio, e superbamente, da Dio. L’artista rielabora la creazione, e non tutta la creazione, solo quel po’ che entra nel suo piccolo orizzonte culturale, coniugando il retaggio del sangue e della civiltà alle esperienze della sua particolare e privata esistenza.
Comprendere questo dispone l’animo in un atteggiamento molto simile all’umiltà, che d’altra parte è segno di ogni umana grandezza.
Curiosamente l’artista, nell’investigare la vita, si troverà impegnato in un compito contraddittorio: testimoniare l’unità divisa, convivere con il paradosso. La testimonianza dell’arte è infatti ambivalente, allegorica e paradossale così come lo è la vita, mentre la vocazione, il compito ed il fine di entrambe è di ridurre ogni antitesi ad un centro di gravità soprannaturale in cui converga l’intera realtà.
Questa vocazione dell’arte viene da un altro mondo ed è sentita e vissuta dall’artista come “tensione”, “ricerca”, che si affaccia sul mistero, ma che si ferma sul ciglio di un abisso d’ombra: la morte.
La vita e la morte divengono un unico, enorme, insondabile mistero ed è appunto il mistero ad essere l’imprescindibile cassa di risonanza di ogni opera d’arte.
Ovviamente mistero non è ciò che non si capisce, ma ciò che non si può capire. Il mistero è un Tempio dove Dio e l’uomo abitano insieme. Da quest’intuizione discende la sacralità dell’Arte, che si impone anche al profano con autorità: l’Arte parla il linguaggio dell’anima con parole fatte di terra.
Tratto da “Piccolo saggio sulla Pittura” di Max Loy