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A N T O L O G I A
domenica 27 febbraio 2011
Il grande vecchio sogno
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I vecchi sogni presentano tre grandi caratteristiche:
- Sono semplici;
- Sotto forme diverse, sono comuni a tutti, indipendentemente dalla cultura, dalla razza,dall’intelligenza, dall’età;
- Sono antichi quanto la sensazione umana.
Una quarta caratteristica: si ripresentano incessantemente nel corso dei tempi. Soltanto i modi dell’approccio a questi sogni cambiano, secondo le conoscenze acquisite dall’uomo. Ma i vecchi sogni non sarebbero tanto tenaci, se non corrispondessero a una verità profonda che, pur essa, è di una semplicità perfetta.
Ma quel semplice vecchio sogno, che sogno è? Ebbene ... che tutto l’universo sia semplice. Le grandi idee – o le grandi intuizioni di uomini di scienza, di artisti o di religiosi – sono sempre semplici. E’ impossibile che le leggi dell’universo siano complicate. E’ persino impossibile che vi siano molteplici leggi fondamentali. Non può che esistere una sola risposta per tutte le domande.
Se si domanda che tutto sia semplice, si domanda di conseguenza l’unità fra le cose. Si spera che cessino la dualità e le opposizioni. Si domanda, ad esempio, che cessi l’opposizione materia-spirito.
L’uomo cerca generalmente l’unità in se stesso. Poi tenta di stabilire un legame con gli altri uomini e con l’universo.
Tratto da "La nuova psicologia" di Pierre Daco
domenica 20 febbraio 2011
Il rumore della strada sterrata...
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... E mentre questi pensieri sbiadivano senza costrutto, fu trasportato molto lontano nel tempo da un rumore che già da un po’ venava di dolcezza anche i ricordi più tristi: il rumore della strada sterrata. Pian piano ogni pensiero prese un nuovo impulso ed un nuovo sentimento al suono antico del procedere quieto della ruota su quel brecciolino che si trova su tutte le stradine di campagna e che è quasi polvere.
Un sentimento che forse è un’eredità antica e che ci unisce alla terra e ci consola della velocità del mondo che non ci appartiene e ci fa violenza.
E’ il sentimento della strada di casa, che ci fa pensare alla famiglia, alla serenità ... pare quasi uno sfrigolare di uova al burro in una vecchia padella ammaccata e annerita dal fuoco, evoca il profumo di un’antica mensa, di una tovaglia a quadri bianchi e blu, d’un bicchiere di vino, d’una seggiola impagliata alla buona.
“E’ letteratura?” si chiedeva, impegnato in blando slalom tra le buche della strada. Non importava. Ancora ricordava quella volta che il padre l’aveva portato con sé in una escursione sui monti della Carnia. Aveva otto anni.
Erano partiti la mattina presto con la colazione nello zaino ed avevano camminato tutto il giorno tra boschi e pascoli fino al sopraggiungere della sera. Da tanto tempo ormai s’era perso l’eco delle parole e Luca non custodiva altro che pochi frammenti. Un rumore: il suono dei passi affiatati e solidali sulla strada bianca che conduceva al paese, ritrovata appena avanti il calar della notte. Una sua confidenza al padre: il concepimento di una certa sfera d’acciaio cava ed attrezzata all’interno per garantire l’incolumità in caso di catastrofe. Ed il rientro tra l’intimità protettiva delle case, lasciata alle spalle la montagna come un’onda nera: fievoli luci alle finestre e lungo la strada, ad intervalli, qualche lampione contadino, odore di legna, di fieno e di stalla, profumo di uova al burro e di cucina. Un cane gli abbaiò contro rumorosamente da una recinzione e subito un secondo cane si precipitò dal fondo del podere per dar man forte al primo, turbando rovinosamente la quiete di quella passeggiata con il demone isterico della stupidità. Così che per quanto era lunga la rete della proprietà egli non riuscì a dimenticare che buona parte della vita è infastidita da “cani”.
Accelerò l’andatura e di lì a breve guadagnò l’asfalto e la discesa. Ristette si pedali, lasciò scivolare silenziosamente la bicicletta e si voltò a guardare la strada che si allontanava dietro di lui.
Del resto questo era il semplice piacere che dava la bicicletta: guardare la strada che veniva incontro, scivolava sotto le ruote e si allontanava come acqua di fiume, come il transito di un treno, come un aereo che solca il cielo o una nave all’orizzonte, o un passante sul marciapiede, come qualsiasi evento che da lontano di fa vicino, prosegue e si allontana fino a perdersi ....
Tratto dal libro di Max Loy "la casa del padre".
Le due battaglie
Ogni uomo ha due
battaglie da combattere:
in sogno lotta con Dio,
e da sveglio con il mare.
Antonio Machado
domenica 13 febbraio 2011
Veneziana
Veneziana, nel fresco
d'acqua dei tuoi iridati
occhi, trovo l'arguta
ombrata grazia d'una
scena sulla laguna.
E a marinai, e a tese
vele, a care attese
per giorni lunghi e a scoppi
di giubilo agli improvvisi
ritorni, bei cari e ansiosi
occhi senza sconforto
penso: brioso porto
di quei lindi paesi,
dove grazia di motti
salaci e di femminili
scherzi inganna ai vivi
il gioco alterno di tante
partenze e di tanti arrivi.
occhi, trovo l'arguta
ombrata grazia d'una
scena sulla laguna.
E a marinai, e a tese
vele, a care attese
per giorni lunghi e a scoppi
di giubilo agli improvvisi
ritorni, bei cari e ansiosi
occhi senza sconforto
penso: brioso porto
di quei lindi paesi,
dove grazia di motti
salaci e di femminili
scherzi inganna ai vivi
il gioco alterno di tante
partenze e di tanti arrivi.
Poesia di Giorgio Caproni
A Rina
Nell'aria di settembre (aria
d'innocenza sul chiareggiato
colle) sopra le zolle
ruvide mi sono care
le case a colori grezzi
del tuo paese natale.
Scherzano battendo l'ale
candide sui tetti a fiore
giunti, le colombelle
nuove.
Mentre commuove
dei voli l'aria il giro
tondo, nel cielo ai tocchi
festevoli delle campane
è il lindore dei tuoi virginei
occhi.
d'innocenza sul chiareggiato
colle) sopra le zolle
ruvide mi sono care
le case a colori grezzi
del tuo paese natale.
Scherzano battendo l'ale
candide sui tetti a fiore
giunti, le colombelle
nuove.
Mentre commuove
dei voli l'aria il giro
tondo, nel cielo ai tocchi
festevoli delle campane
è il lindore dei tuoi virginei
occhi.
poesia di Giorgio Caproni
sabato 5 febbraio 2011
Razionalità ed emotività
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Quadri che sfuggono all’abitudine unidimensionale e
prevaricante del metodo razionale che a forza
tenta qui impossibili riconoscimenti dell’ovvio e
che si rivelano invece ad un atteggiamento passivo della mente
abbandonata ad una spontanea contemplazione,
come quando ascolta la musica.
Quadri come finestre aperte sull’inconscio di ciascuno
dove ognuno può ritrovare la propria personale
e privata fantasia fermata lì, sorprendentemente,
con due pennellate dedicate “ad personam”.
Quadri che come i sogni emozionano
e come i sogni non possono essere raccontati
o trattenuti senza perdere il loro impalpabile mistero.
Quadri della maturità,
prossimi a quel traguardo di semplicità
densa e sapida,
ultimo approdo di tutti gli itinerari possibili.
Biografia
Musica, pittura, scultura, prosa, poesia…vale sempre la stessa regola: il ritmo. Densità e vuoto, suono e silenzio, movimento e quiete… sono il pulsare di un cuore, cadenza di respiro dell’universo, giorno, notte, stagioni, orbite, cicli… tutto esattamente al tempo stabilito: il tempo di un’orchestra.
È la vita, il suo meccanismo sincopato.
Questa è la regola e questo il metodo: il risultato è profezia escatologica, annotata in appendice, nelle ultime pagine del libro.
Forse questi quadri che ora dipingo non vengono da me, quell’intreccio strano di colori potrebbe non essere un parto del mio pensiero, questo libro che scrivo forse è un dettato.
Mi viene in mente questa cosa pensando al passato, alla strada percorsa, all’uomo che sono stato.
Il motivo per cui ho smesso di dipingere in modo figurativo, quello vero perché ce n’è anche uno nato da una scommessa che fa ridere, è che mi stavo annoiando da un bel pezzo perché ormai mi ero guardato dentro abbastanza per conoscere tutti i percorsi abituali del mio pensiero e non provavo più il gusto dell’invenzione e dell’emozione della scoperta.
E poi capivo che nel mondo delle cose e dei corpi non sarei riuscito a liberarmi dalle pastoie sentimentali.
Sono stato, nonostante me lo vietassi, un artista sentimentale, lirico nei miei momenti alti e torbido in quelli bassi: il mondo delle cose e dei corpi si nutre di queste sostanze zuccherine e spesso appiccicose.
I quadri della mia giovinezza erano ingenui, pieni di sbagli e di esperimenti, tragici, forti, bizzarri, pesanti…trasudanti energia ed intenzione.
Quelli della stagione di mezzo meditati, complessi, carichi, descrittivi, passionali.
Nell’ultimo periodo figurativo avevo raggiunto un’elevata compiutezza formale, costruivo i quadri a strati, velatura su velatura nascevano palazzi di nove piani.
Ho amato tutto quello che ho fatto, ma ora la considero una storia chiusa: non posso credere alla reincarnazione, il corpo è dato una tantum per farne esperienza, poi passa.
C’è ritmo nella mia vita, il corso del tempo disegna orbite ascendenti, conversioni al centro, velocità in aumento prossima alla caduta libera e liberatoria.
Max Loy
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