Link di Max Loy
·http://www.youtube.com/user/maxloy1950
·http://blog.libero.it/ecodimaxloy/
·http://www.gigarte.com/maxloy
·http://twitter.com/maxloy1950
. https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/mettimi-come-sigillo-sul-tuo-cuore-max-loy/
percorso professionale
A N T O L O G I A
lunedì 29 novembre 2010
Nel riverbero
Come da un treno in corsa dove tutto fugge via
tra vetri rotti specchi frantumati distorti e opachi
esplosione di luci
accendono riflessi colorati
nell’acqua di ghiaccio.
Testo poetico di Mariella Murgia
venerdì 26 novembre 2010
Introduzione al video "Perdersi" di Max Loy
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”
S. Quasimodo
La solitudine per un artista è probabilmente una condizione in qualche modo nativa, connaturata allo stesso modo di essere artisti.
L’artista, archetipo junghiano del Fanciullo Eterno, sa, isolandosi nell’interiorità, assorto nel suo gioco con la serietà e l’allegria che appartengono ai bambini, ritrovare nel gran tesoro sepolto dell’infanzia il segreto della creatività. Quando ogni nuova sensazione, ogni esperienza agisce con innumerevoli suggestioni, incanti, emozioni.
Forse, all’inizio, il bambino vive beatamente immerso nel mondo delle proprie fantasie e dei propri pensieri, alla confluenza di sogno e veglia, di immaginazione e realtà.
Poi, mano a mano che la normatività del mondo adulto gli si fa sentire, questa magica disposizione iniziale svanisce.
Molti la perdono per sempre, scivolano nella noia e nell’appiattimento, a cui credono di sfuggire fuggendo la solitudine. Altri proprio coltivando quella solitudine, riescono a rivivere vaghi frammenti della propria infanzia, ad attingere da quel remoto passato una rinnovata ricchezza, ritrovandone la capacità narrativa fantastica. Questi è l’artista o più semplicemente chi mantiene il contatto con se stesso e con la propria vita interiore.
La vita interiore è il nucleo più intimo dell’esistenza, dove si è se stessi e si gioca con la propria immaginazione o si riflette. Così la solitudine dell’artista si popola di fantasmi: ricordi, scavo di sé, elaborazione di forme.
La solitudine è preziosa per l’artista. Non è mai un vuoto, un’assenza. Così come la stanza, lo studio, per l’artista o per lo scrittore, non è mai una prigione da cui si anela fuggire, ma il luogo della libertà e dell’appartenenza a se stessi
Infatti è’ solo ciò che è unico, ossia con una identità non intercambiabile, che non può confondersi con l’altrui. Qui si perde ogni accezione negativa e si comprende il valore più pregnante della parola solitudine.
La solitudine è qualcosa di talmente intimo e personale, che è giusto sfiorarla appena, lasciando a ognuno l’onere e il privilegio di ricercare un proprio senso, una propria misura.
La solitudine è l’esperienza di raccoglimento, necessaria per il confronto con la verità e con la responsabilità della propria esistenza.
Ma sussiste anche un’altra modalità della solitudine, quella spesso soffocante in cui l’odierna società istupidita dalle merci confina gli artisti. Essa è il prodotto di una doppia strategia dagli esiti ugualmente perversi. Da una parte all’artista (nella tradizione fasulla di un mito romantico) si riconoscono le sante stigmate del diverso, come di colui che non può mai stare dentro le regole senza disordinarle, in nome e per conto del proprio genio ineducabile. Nel contempo si richiede al medesimo artista di dismettere ogni finalità esteticamente e moralmente perturbante, e di ricreare i sensi intorpiditi di torme di cultori ridotti al rango plebeo di turisti.
Nella solitudine dell’artista – così intesa - agiscono meccanismi di esclusione e sentimenti di impotenza. Sono sempre gli altri a decidere per lui (il critico d’arte, il gallerista, il mercante, il politico) e a stabilirne la fortuna o la morte (culturale e civile, s’intende).
Bisogna avere molta fiducia in se stessi per proseguire il proprio cammino senza deprimersi, senza cercare il conforto di sentirsi parte di una consorteria. Sono pochi quelli che riescono a bastare a se stessi. E a tenersi in disparte.
Ecco che allora le domande sull'essere e sull'esistere sono avvertite pressantemente e poste come fondamentali nel momento in cui l'io è in crisi rispetto al vivere e all'"essere nel mondo", e si chiede la ragione del proprio esistere come sua parte e del suo rapporto con esso. L'individuo, percependosi come ente particolare, ovvero unico fra tutti gli enti, si interroga sul senso della parola essere, ma fallisce la risposta.
Oggi è ancora necessaria l’arte, in questo mondo distratto e consumista? Oggi l’arte è ancora capace di comunicare, nell’era tecnologica? Oggi interessa a qualcuno il messaggio dell’artista? L’arte è ancora sinonimo di libertà? Ma l’umanità è veramente in cerca della libertà, della verità?
Queste domande, ed altre ancora restano degli inquietanti enigmi irrisolti ed irrisolvibili. Lo spettro dell’entropia aleggia e la confusione si genera.
Perdita dell'orientamento, alterazione della coscienza, disturbi dell'attenzione, alterazioni del ragionamento, perdita della memoria, sbalzi d'umore ecc...
Ossia un particolare stato psicologico in cui non si riesce ad interpretare (ovvero organizzare in percezioni coerenti) le sensazioni, le quali producono impulsi contraddittori.
In questo “caos” risulta un’aggravante il fattore “TEMPO”.
La questione del tempo è davvero di cruciale importanza. La funzione del tempo è quella di favorire la progressiva autoconsapevolezza, che è poi la coscienza della propria umanità. Ma non significa affatto che lo scorrere del tempo sia di per sé garanzia di un approfondimento qualitativo dell'autoconsapevolezza umana. Anzi, proprio lo scorrere del tempo è di per sé indice di indeterminatezza ontologica e che, in tal senso, la fine del tempo è una necessità intrinseca alla natura umana, che ad un certo punto ha bisogno di rendersi conto di quali sono le caratteristiche fondamentali, assolutamente irrinunciabili della propria umanità.
Ogni cosa che impedisce all'uomo di essere quello che è, ogni cosa che lo ostacola in questo cammino, pone dei ritardi che vanno poi recuperati. Il tempo scorre a prescindere dall'autoconsapevolezza umana, ma non scorre invano, per nessun essere umano della terra. Il tempo ha senso se può essere riempito di significato.
«“Si passa la vita a rimpiangere ciò che si ha avuto fretta di perdere, e, non avendo imparato nulla dal passato, noi non cessiamo di sperare che l’avvenire ricominci”
E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare.
di G. Ungaretti
La consapevolezza dello scorrere del tempo crea la frammentazione dell’animo. La frammentazione che questo apporta tra la percezione dell’attimo presente e il ricordo del tempo passato. In quanto l’attimo presente è come se non esistesse, in quanto appena lo percepiamo è già passato. E’ fortissima la percezione della labilità e precarietà della vita umana, continuamente incalzata dal sempre più veloce avvicinarsi della morte, a cui porta lo scorrere inesorabile del tempo.
L’unica forza di coesione, centripeta; la luce che rischiara la notte; la brezza leggera che accarezza e dipana la nebbia è: l’amore e la contemplazione della bellezza.
“Perché è la contemplazione che preserva, in seno alla comunità degli uomini, la verità che è al contempo priva di utilità e parametro di ogni possibile utilità; così è la contemplazione che mantiene il vero fine in vista, dando significato a ogni atto pratico della vita"
La contemplazione a volte si sperimenta come un fugace intuito che illumina l'anima che in un momento di grazia può elevarsi fino a un saggio di visione beatifica della divina essenza.
L’esperienza di Dio è più facilmente percepibile nelle Sue opere, perciò nel creato .... nella propria donna, nella compagna di viaggio. Ecco che lei viene considerata il simbolo e l’emblema del vero, del buono e del bello.
Solo attraverso la sua presenza e per la sua essenza si orienta il veliero in secca, si gonfiano le vele per un ritorno in porto. La donna, la fonte della vita, l’amante, l’innocente ed eterna bambina, la compagna di giochi e di sogni.
Speranza e accoglienza, futuro e ricordo, l’arcobaleno dell’alleanza....
In lei si manifesta il paradiso perduto... e si perpetua trasfigurato nelle diverse stagioni... Lei, traghettatrice instancabile del mondo reale, caritatevole dama, burlevole cortigiana.... Lei, musa ispiratrice .... lei, libertà e vita.
Ora che il tempo passa è ancora più necessaria la sua discreta presenza e tanto più coinvolge quanto più se ne avverte l’evanescenza... E’ tempo di rettifiche, di limature, di dettagli ....
Ma fintanto che c’è, sarà la stella dei naviganti ..... il muro che attutisce i rumori del mondo.... il progetto, la relazione ..... la fine sarà lontana ..... e allora ....
naufragar m’è dolce in questo mare.
domenica 21 novembre 2010
Richiamo
Lumi accesi al crepuscolo
nell’acqua accennata
Bagliori abbagliano
i colori si disperdono
Navigano anch’essi nel mare
percepito lieve
non visto
Riflessi che si confondono
continuamente
e solo quella piccola
barca abbandonata
ricorda ancora il mare.
Testo poetico di Mariella Murgia
sabato 20 novembre 2010
Il rischio della chiave: i buchi neri
per ascoltare il brano cliccare con il tasto destro del mouse ed aprire su un'altra finestra
Può accadere che sul dibattito quotidiano si sovrapponga una rappresentazione di figure illusorie. Si viene intrappolati in una rete di interpretazioni per cui, utilizzando inconsapevolmente una rimozione o una sublimazione, non si discuta di un fatto reale’.
Così pericolosamente si diventa autoreferenziali, la realtà esiste solo in quanto trasfigurata o simbolica di altro. La concentrazione su se stessi diventa massima, tanto da confondere ed offuscare la visione dell’esistenza fuori da sé. Non si riesce quasi a supporre che interi universi affettivi e mentali si situino molto lontano da ciò che si concepisce.
In quei momenti non si è abbastanza poeti per lanciare folli ipotesi sulla propria vita e sul mondo. Quando ciò accade chiamiamo tutto ciò essere “realisti”, senza sapere che il Reale è spesso agli antipodi della “realtà” sperimentata.
Si diventa allora simili a buchi neri generati dall’inabissamento di una stella che ha bruciato il suo ossigeno. Attorno a questa stella lo spazio ed il tempo si richiude inesorabilmente. Nessuna luce ne esce più. La stella non invia più alcun messaggio verso l’esterno. Non ha più alcuno scambio con l’universo che la circonda. Questa stella inabissata è di una densità spaventosa.
E si dorme.... in modo opaco.
Ma che cosa sarebbero diventate le scienze e le arti se alcuni non fossero stati abbastanza “folli” da immaginare che un universo luminoso invece ci esiste accanto, anzi ne siamo immersi.... di più: è la nostra stessa essenza?
La fede e la speranza allora diventano indispensabili. Tutto ciò che può essere un “ponte” diventa il fulcro per eccellenza, il nodo, il legame. Diventa madre e padre, intimo compagno, amante, moderatore, arbitro.
Così pericolosamente si diventa autoreferenziali, la realtà esiste solo in quanto trasfigurata o simbolica di altro. La concentrazione su se stessi diventa massima, tanto da confondere ed offuscare la visione dell’esistenza fuori da sé. Non si riesce quasi a supporre che interi universi affettivi e mentali si situino molto lontano da ciò che si concepisce.
In quei momenti non si è abbastanza poeti per lanciare folli ipotesi sulla propria vita e sul mondo. Quando ciò accade chiamiamo tutto ciò essere “realisti”, senza sapere che il Reale è spesso agli antipodi della “realtà” sperimentata.
Si diventa allora simili a buchi neri generati dall’inabissamento di una stella che ha bruciato il suo ossigeno. Attorno a questa stella lo spazio ed il tempo si richiude inesorabilmente. Nessuna luce ne esce più. La stella non invia più alcun messaggio verso l’esterno. Non ha più alcuno scambio con l’universo che la circonda. Questa stella inabissata è di una densità spaventosa.
E si dorme.... in modo opaco.
Ma che cosa sarebbero diventate le scienze e le arti se alcuni non fossero stati abbastanza “folli” da immaginare che un universo luminoso invece ci esiste accanto, anzi ne siamo immersi.... di più: è la nostra stessa essenza?
La fede e la speranza allora diventano indispensabili. Tutto ciò che può essere un “ponte” diventa il fulcro per eccellenza, il nodo, il legame. Diventa madre e padre, intimo compagno, amante, moderatore, arbitro.
Della rivisitazione di queste lotte interiori e dei suoi superamenti ne parla l’arte. Ponte lanciato all’umanità.
E la storia dell’arte parla proprio della storia di ciascuno di noi.
giovedì 18 novembre 2010
la solitudine
“Io non vado mai con i gruppi, sto fuori, ma mica viaggio da solo, uno non può sempre stare solo. A parte che, se uno sa con chi sta solo, a volte può essere di grande compagnia”
Tiziano Terzani
martedì 16 novembre 2010
Una carezza voglio
Perché l’acqua sgorga lenta
dalle bocche della roccia,
dalla mia, la parola
stenta, teme l’aria
come pesce fuor d’acqua.
E così, lo giuro, a volte
mi strangola, come lisca
impuntata, dalla fervida gola
non si stacca. Poiché
desidero un passero che voli,
voglio una farfalla di miele
ch’esca dalle mie labbra come
dalle labbra d’un santo
e mi consoli.
Arnaldo Ederle
Un'infinita biblioteca
http://www.jamendo.com/it/track/261763
(cliccare con il tasto destro del mouse ed aprire in un'altra finestra)
Parlare e scrivere di sé al presente è l’unica possibilità che ci è concessa grazie al potere di immaginare altre storie, di fantasticare, di navigare con la mente in terre irraggiungibili ed estreme.
E’ questo un approdo che, nell’abbandono quasi totale dei ricordi, ne fa un teatro dell’immaginario. La ricostruzione romanzesca del nostro dramma personale e di storie altrui dove, curiosamente, manifestiamo la nostra pluralità attraverso i personaggi, le scene. C’è dunque uno spazio poetico e letterario dentro di noi che – pur nell’impotenza materiale ed oggettiva di continuare ad essere in tanti entro uno solo – ci permette di sentire che la nostra mente continua a pensare al plurale grazie al sogno.
Quando il pensiero autobiografico approda a questo stato d’animo, il ciclo della vita del racconto di sé termina e ricomincia e – ma soltanto giunti a questa soglia – avremo la sensazione di aver intrapreso un inusuale percorso di auto formazione.
Scopriremo, soltanto allora, che abbiamo studiato e riaperto i libri della nostra biblioteca interiore, scritti senza che ce ne avvedessimo. E troveremo ogni genere letterario all’interno degli scaffali della memoria: romanzi d’avventura, liriche, novelle aneddotiche, fiabe, innumerevoli abbozzi, e molte, moltissime prose interrotte a metà o concluse.
Al contempo, ci saremo resi conto che, ripensando, stavamo già riscrivendo, o per lo meno riordinando, la nostra antologia dagli eclettici stili.
E’ uno stato di grazia che, dalla costellazione dei ricordi, ci conduce a redigere grazie alla pazienza dell’io tessitore – non una ma molte altre “versioni” della nostra esistenza. Questo è il momento dell’interpretazione, della traduzione di un testo da una lingua (così lontana da apparirci sconosciuta) in un’altra: più attuale e adatta al nuovo tempo.
Spunto tratto dal libro “Raccontarsi” di Duccio Demetrio
lunedì 15 novembre 2010
Realtà
Con il termine realtà si intende ciò che esiste effettivamente, di solito in contrapposizione a ciò che è immaginario o fittizio. A volte viene anche contrapposta al sogno. Questo concetto pone diverse questioni sia nella scienza sia nella filosofia, entrando in relazione con la questione ontologica dell'essere.
Il termine realtà deriva dal latino res, ovvero un oggetto materiale, e il sostantivo realitas, da cui realtà, compare soltanto nel tardo Medioevo ad opera di Duns Scoto, ma non per indicare la totalità di ciò che costituisce il "fuori" della coscienza umana, bensì l'individuazione (la realtà ultima del singolo ente che esiste). Tale concetto si contrappone all'idea latina di abstracta (quidquid credat intellectus de rei veritate = ciò che l'intelletto crede circa la verità della cosa).
L'etimologia mostra subito quale siano i problemi e le relazioni con altri termini fondamentali della filosofia: "essere" e "verità". La relazione con questi altri termini è essenziale per la comprensione del concetto stesso di "realtà". In generale la metafisica, ovvero una delle branche fondamentali della filosofia, tende ad avere una concezione di "realtà" molto più ampia di quello della scienza, andando alla ricerca del fondamento o dell'essenza nascosta dietro il semplice fenomeno fisico offerto all'evidenza dell'indagine strumentale.
In prima istanza il concetto di realtà è intrinsecamente legato all'ontologia, cioè alla disciplina filosofica che si occupa di ciò che esiste.
Gli altri problemi legati al concetto di realtà sono:
Problema della gnoseologia: in che modo conosciamo l'oggetto? Tutti i soggetti lo conoscono allo stesso modo (cioè è una conoscenza "oggettiva")?
problema della verità: ciò che conosciamo è ciò che l'oggetto è veramente ? Oppure in realtà è diverso? Esisterebbe anche se non lo conoscessimo?problema della certezza: la conoscenza dell'oggetto da parte del soggetto è sicura, innegabile?
problema della metafisica: esiste qualcosa di non materiale, un qualcosa di cui possiamo dire che esiste ma che non sia "res"? Perché esiste qualcosa anziché nulla?
Si vede da questa introduzione del tutto generale come tali termini (esistenza, verità, realtà, certezza, soggetto, oggetto) siano strettamente collegati, tanto che non si può chiarirne uno senza utilizzarne un altro, quasi si trattasse di prospettive diverse di uno stesso... oggetto.
tratto da Wikipedia
PERDERSI
Affiora alla coscienza un sentimento ma non vedo nulla .…
Fiuto un profumo che mi sveglia da sonni leggeri …..
M’accorgo d’avere sete e fame …..
Un bisogno di fare ….
M’accorgo ch’è tardi … è sempre tardi per me ….
All’inizio, non mi viene in mente niente ….
Sto lì a pensare, mi concentro …. mi sforzo ….
miracolo se non mi riaddormento ….
…. Pensare mi stanca, moltissimo …. E mi frustra ….
Mi soccorre l’abitudine, quel difetto del carattere che pretende soddisfazione.
“Voglio fare un figlio, un altro figlio ….”
(chiamo così tutti i lavori compiuti, ai quali ho infuso eredità di sangue)
Mi chiedo questo …. perentoriamente ….
C’è un primo passo: dovrò stare davanti allo specchio per riconciliare tutti i tratti dissonanti della fisionomia.
Questa è la penitenza e questi sono i preliminari ….
I preliminari sono importanti … preparano la strada …
I preliminari possono durare mesi …
Devo fare i conti con la realtà …
LA REALTA’
….. tutto ruota intorno a questa parola come intorno a un sole ….
Tutti sanno cos’è la realtà …. Tutti ne parlano ….
Ma io vedo nebbia perché percepisco trame e grovigli di storie che tessono un’identità recondita,
complessa fino alla semplicità della verità.
E questo trascende la mia comprensione affaticata da orizzonti ristretti, come un cerchio alla testa ….
La realtà …… è …. è smisurata …. sferica ….
Mi perdo ….
La realtà …. è un sconfinata distesa di libri che non leggerò mai
…. e che sfioro solo con lo sguardo ….
…. e che sfioro solo con lo sguardo ….
Titoli senza autore esposti in evidenza o confusi nel mucchio.
Vago per gli infiniti corridoi di questa infinita biblioteca ….
Assorbendo per emanazione l’astratto distillato esistenziale ….
Contando i nodi del mio rosario, scanditi come i secondi di un orologio.
Aggiungerò la mia pagina …
cercherò la giusta inquadratura per la mia regia …
forzerò la mente dentro un formato … il più ampio possibile … ed il più esatto ….
Mediando tra possibilità e ….. desiderio infinito …...
Sarà una finestra … il mio sguardo sul mondo che cerca Dio ….
PERDERSI ….
Sessant’anni … questo è il pensiero dominante …
ma non è un pensiero …
è uno stato d’animo …
una tensione astratta affacciata alla finestra della coscienza.
C’è quanto basta per aggrottare la fronte …
A prescindere dal fatto che si è dormito bene.
Cosa farò oggi?
Che titolo avrà il mio film?
La mente si svuota per un eccesso di densità …
Inevitabilmente dico parole che mettono distanza tra me e il mondo …
Lasciamo perdere la questione …
Meglio dedicarsi ora, con la massima cura, al rito del caffè.
Meglio dedicarsi ora, con la massima cura, al rito del caffè.
C’è la remota possibilità di trovare risposte nel fondo della tazzina.
Inizio la mia giornata con uno sguardo alla finestra.
Oltre le grate ed il trasparente filtro di una zanzariera,
ritrovo il conforto di un paesaggio conosciuto
e mai cambiato fin dalla mia remota infanzia.
Stabile nella sua genericità e pregno nella sua astrattezza.
Foglie … e tra le foglie … ed oltre le foglie: luce.
Ogni mattina inizio il mio giorno guardando nel vuoto …
con attenzione distratta alle forme delle cose, ai colori, alle ombre, alle luci,
in attesa di un alzarsi di vento che dia vita all’erba e agli alberi del giardino …
e … alla girandola fissata ad un vecchio muro, coperto d’erbe e di muschio
che … dall’ultimo orizzonte il guardo esclude ….
Non c’è impegno più urgente …
sto lì a guardarla girare …. girare …
… più veloce, più piano, fermarsi … mutare direzione …
interprete degli Arcani che il vento trascina con sé: pronostica il futuro.
Il futuro è nave che si avvicina nella nebbia …
Gli Arcani sono domande che non passano …
e risposte chiuse da sette sigilli …
Poi c’è la Speranza ed il Tempo ….
E questa è la REALTA’, la sostanza …
Tutto il resto è vanità …
briciole e fumo.
Rumore, per così dire.
Io con grande serietà guardo nel vuoto fra le foglie … e fantastico …
Fantasia numero uno è: ANDARE.
Dove? … nel vago … mi attira il nome.
Dove? … nel vago … mi attira il nome.
C’è un versante, un valle perduta tra i monti dell’Appennino che qui chiamano “il Vago”,
dove i sentieri segnati del quotidiano si perdono in un mare di foglie …
lontanissimi dai pensieri degli uomini …
Visione numero due è: l’ ESTATE.
Cocktail di ricordi distillati e purificati fino all’astrazione …
L’estate è un profumo …
Pensiero numero tre è: il TEMPO.
Il tempo è scommessa.
Conoscere le stagioni … entrare nel flusso …
sentire il ritmo … capire il formato …
Poi il tempo scade …
Capire per fare …
Fare è importante …
Coltivo un pensiero semplice come il numero tre,
più elementare dei quattro punti cardinali del viaggiatore.
E’ superata la mente, non basta più …
Ho sempre più bisogno di guardare …
Guardare lunghissimamente … e ad occhi socchiusi …
Sognare è la parola che mi viene d’abitudine …
Contemplare è quella più adatta …
Perdermi è quella vera.
E' ciò che vedo nella luce, oltre la mia finestra …
D’abitudine sono solo,
nei miei vagabondaggi smemorati sono solo …
nessuno in carne ed ossa può seguirmi.
Vago nell’inconsistenza del reale camminando sull’acqua,
perché non ho peso, né volto,
né presente, né passato.
Sono anch’io sogno.
Ho la mente confusa.
Ricordi, sentimenti, pensieri vorticano come una girandola nella mia anima.
Si dissolvono e riaffiorano altrove,
in altri luoghi ed in altre età.
Non ricordo date ….
Trascino tutto con me in una valigia stipata alla rinfusa, rigonfia,
legata con lo spago degli emigranti.
Lì dentro c’è tutto … sono le mie referenze … e la mia giustificazione.
Un cambio di mutande e migliaia di foto.
Cose essenziali.
Viaggio con questo ingombro benedetto ed indispensabile.
LA NOTTE
Congiunzioni stellari …
e pensieri che si perdono in distanze infinite …
Cedono a suggestioni dell’immaginario che mi lasciano attonito,
introducendomi nel sogno dove sempre sono rimasto bambino.
Luci nella notte …
fantasmi opalini della profondità degli abissi …
Stazioni stellari, astronavi in transito …
zattere per naufraghi …
promesse … miraggi … simulacri del giorno … presagi di festa …
laggiù c’è vita …
… ILLUSIONI …
Quello che cerco non è qui.
Mare che congiunge tutte le terre …
Orizzonti sempre lontani …
… Isole …
E questo andare all’infinito cercando qualcosa che non è mai qui.
Cerco qualcosa.
Devo aver perduto qualcosa che non ricordo.
Non è da nessuna parte.
E’ dentro di me, nella mia mente.
Separata da me.
Un sentimento mi accompagna, assume forme cangianti ,
ha nome di donna, suona dolce come un turbamento d’infanzia,
suona inebriante come un vortice di danza,
suona vero come la parola amore,
triste come la morte
e vivo come la vita.
Risuona dentro di me da qualche parte.
Un angelo bruno ammicca dietro ogni porta
Una bimba, una fanciulla …
Il vento sfiora la sua veste leggera …
sfugge dietro le svolte di strada …
confusa tra la gente …
riflessa in uno specchio d’acqua …
dissolta dal buio o nella luce …
appare tra la nebbia …
riposa in una barca …
Ha una domanda nel fondo mutevole degli occhi …
“mi ami tu?”
… e non so chi sia …
La mia storia si ferma lì dove cominciano tutte le storie …
Io lascio … e inseguo Lei,
icona inafferrabile ed onnipresente nella mia mente …
per vivere quel momento oltre il quale non riesco ad andare …
l’incontro.
Non immagino un Paradiso, né un Inferno,
sogno solo, astrattamente, un’intimità infinita.
Trasparenti visioni, sogni e ricordi si confondono …
Sono frammenti sparsi sulla sabbia …
sospinti dalla marea tornano al mare …
riaffioreranno su altri lidi in altre estati …
Sopra di me il cielo …
Nessun rumore del mondo …
Tratto dal FILM "Perdersi" di Max Loy
Iscriviti a:
Post (Atom)