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A N T O L O G I A
domenica 10 novembre 2013
La grande conchiglia
Ormai comincio ad avere la mano piena di conchiglie, sassolini e
minutaglia varia. Mi secca portare le cose, mi piace avere le mani libere.
Rifletto: tutto quello che ci procuriamo per il
nostro piacere prima o poi diventa un ingombro che ci appesantisce. Se penso
alla casa che ho costruito, alla fretta che avevo nel renderla accogliente e
poi la guardo adesso, stracolma di cose da non avere più lo spazio per mettere
un libro...
Ora, finchè posso, cammino nudo come Dio mi
ha fatto, ho la foglia di fico, d’accordo, perchè ho peccato, ma per il
resto....prendo lo slancio, apro la mano e faccio volare tutto in mare pensando
“polvere alla polvere” che non c’entra gran che.
Tornerò a casa con pericolose abitudini.
Mi piacerebbe sdraiarmi nell’acqua come l’altro giorno o magari
farlo sulla sabbia compatta della riva, ma è una seccatura poi scrollarsela di
dosso: è nella mia natura valutare le conseguenze d’ogni comportamento.
Alla fine, paradossalmente, sono l’uomo dei compromessi:
mi siedo.
Mi viene la debole
curiosità di vedere a quale profondità troverò l’acqua, che è sempre una variante dell’istinto di fuggire
l’ozio. Scavo la sabbia strofinando su e giù la gamba rotta, poi mi aiuto con
l’altra e alla fine mi appassiono e ci do dentro con tutt’e due le mani: c’è
del duro sotto, sembra una pietra. Gli scavo intorno in lotta con la sabbia che
continuamente frana per l’acqua che sale dal fondo. Con le mani esploro le
dimensioni, cerco un appiglio per far forza e scalzarla di li.
Il bello di queste fatiche è che sono del tutto gratuite,
non servono a niente.
Alla fine estraggo una
grande conchiglia di cui non immaginavo l’esistenza, la lavo nel mare e la
palleggio tra le mani: bella e inutile, ce ne sono a centinaia intorno a me. Chiedo
alla conchiglia che con tanta ostinazione ho dissepolto “sei la metafora di
che?” e me l’accosto all’orecchio avesse a rispondermi, giocando al gioco “è
Dio che ti parla” che mi serve come il sale per insaporire il quotidiano.
È la famosa lettura sopra o tra le righe di cui spesso mi vanto
e che mi conferisce anche l’autorità per dispensare benedizioni ad personam.
Ma ogni bel gioco dura poco e, se il sole non m’inganna,
dev’essere mezzogiorno passato, l’ora di tornare.
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