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percorso professionale
A N T O L O G I A
domenica 18 marzo 2012
Per essere un artista
Non v’è che un mezzo. Guardare dentro di sé. Interrogarsi sul motivo che intima il ricorso all’arte; verificare se esso protenda le radici nel punto più profondo del nostro cuore; confessare a noi stessi: soffriremmo, se ci fosse negata l’Arte? Questo soprattutto: domandiamoci, nell’ora più quieta della notte: devo creare? Frughiamo dentro di noi alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se potremo affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruiamo la vita secondo questa necessità. La vita, fin dentro la nostra creazione più indifferente e misera, deve farsi insegna e testimone di questa urgenza. Allora avviciniamoci alla natura. Allora cerchiamo, come un primo uomo, di dire ciò che vediamo e viviamo e amiamo e perdiamo.
Perciò rifuggiamo dai motivi più diffusi verso quelli che ci offre il quotidiano; descriviamo le nostre tristezze e aspirazioni, i pensieri effimeri e la fede in una bellezza qualunque; descriviamo tutto questo con intima, sommessa, umile sincerità, e usiamo, per esprimerci, le cose che ci stanno intorno, le immagini dei nostri sogni e gli oggetti del ricordo. Se la giornata ci sembra povera, non accusiamola; accusiamoci invece, diciamoci che non siamo abbastanza poeti da evocarne le ricchezze; poiché per chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi indifferenti o miseri. E se anche ci trovassimo in una prigione; le cui pareti non lasciassero trapelare ai sensi i rumori del mondo, non ci rimarrebbe forse la nostra infanzia, la nostra giovinezza, quella ricchezza squisita, regale, quello scrigno di ricordi? Rivolgiamo lì la nostra attenzione. Cerchiamo di far emergere le sensazioni sommerse di quell’ampio passato; la nostra personalità si rinsalderà, la nostra solitudine si farà più ampia e diverrà una casa al crepuscolo, chiusa al lontano rumore degli altri. E se da questa introversione, da questo immergersi nel proprio mondo sorge l’arte, allora non ci verrà in mente di chiedere a qualcuno se sia una buona creazione. Né tenteremo di interessare le riviste a quei lavori: poiché in essi vedremo il nostro caro e naturale possesso, una scheggia e un suono della nostra vita. Un’opera d’arte è buona se nasce da necessità. È questa natura della sua origine a giudicarla: altro non v’è.
Nulla può toccare tanto poco un’opera d’arte quanto un commento critico: se ne ottengono sempre più o meno felici malintesi. Le cose non si possono tutte afferrare e dire come d’abitudine ci vorrebbero far credere; la maggior parte degli eventi sono indicibili, si compiono in uno spazio inaccesso alla parola, e più indicibili di tutto sono le opere d’arte, esistenze piene di mistero la cui vita, accanto all’effimera nostra, perdura.
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