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martedì 12 aprile 2011
L'opera finita
Quando dipingo ho sempre la possibilità di reinventare il quadro, in qualsiasi momento posso aggiungere o togliere qualcosa, ma anche qui, un certo punto, devo dire basta, devo espormi al rischio di dire la mia in quel contesto, sviluppando quelle premesse e quei presupposti se no, non finirei mai e non basterebbe tutta la vita per realizzare una sola opera.
Mi sono sempre chiesto quante informazioni, quante esperienze, quanto pensiero, quanto tempo, quanta acqua dovesse passare sotto il ponte prima di poter diventare me stesso.
Certo non si finisce mai di crescere, questo è vero, però, a Dio piacendo, avrei il desiderio di consegnare la mia vita come opera finita e, a voler essere magnifici, rifinita. E allora comincio a farmi i conti in tasca: quanto tempo mi resta? Se non sono eterno, conoscendo la complessità della fase finale di un quadro, stimo che è ora di fermarmi, rinunciare all’inventario delle possibilità di ulteriori sviluppi, allontanarmi di tre passi per riordinare le idee e fare unità di tutto, con coerenza e con bellezza.
In arte è così: si termina un quadro e poi se ne inizia uno nuovo.
Ma se il quadro sono io come funziona la cosa?
Mentre mi astraggo in questi cervellotici pensieri esistenziali cercando impossibili risposte, il mondo mi frulla intorno con il solito carnevale.
Tratto dal libro di Max Loy "Costa dei fiori"
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