Mnemosine fu amata da Zeus, il quale le si presentò sotto forma di pastore. Giacquero insieme per nove notti sui monti della Pieria e dopo un anno, Mnemosine partorì nove figlie: le Muse, patrone delle arti.
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A N T O L O G I A
domenica 21 luglio 2013
Mnemosyne* e la bellezza.
Il linguaggio dell’arte è essenzialmente omogeneo a quello
dell’anima, alla sua tensione verso la forma .
Il corpo dell’arte occidentale è
gravemente sofferente per la perdita del senso della bellezza, e quindi della
funzione simbolica: uno stato di sofferenza non diverso da quello che troviamo
nell’anima individuale. Entrambe, infatti, sono state sottomesse,
dall’idealismo immanentista della coscienza “moderna”, al generale dominio del
Padre Tempo, Crono, il padre che divora i propri figli e imprigiona nel tempo
ogni opera che vi è nata; ed entrambe sono state allontanate dall’originario
culto di Mnemosyne, madre delle Muse, la
memoria che ha il compito di connettere i fenomeni del tempo alla loro fonte
archetipica. Persa quella fonte, e perfino la memoria di essa, anche la
bellezza ha perduto il suo vero valore, di simbolizzare tempo ed eterno
attraverso il farsi visibile dell’invisibile nell’immagine. Ridotta da
quell’immanentismo a un attributo accidentale delle cose, la bellezza ha
lasciato anima ed arte smarrite nell’esilio di una terra ridotta a un’unica
dimensione.
Bellezza si rivela, diceva a sua volta
Plotino, a chi ha un cuore di amante: risveglia lo slancio ardente di Eros, ma
soltanto in chi ad Eros si arrende. Ed Eros è nell’anima l’anelito all’eterno che
prende forma nella visione di bellezza; e che è sostituito da un dèmone
affine, Pothos, “nostalgia”, quando della visione di bellezza rimane soltanto
il ricordo. Per questo, gli antichi affidarono a Mnemosyne – la memoria, madre
delle Muse – le arti che consentono all’uomo di risvegliare, e insieme di placare,
la nostalgia della bellezza, ricordando le molteplici forme in cui la bellezza
si è rivelata all’anima. Mnemosyne ci
conduce fuori del tempo cronico – il tempo di Crono che divora i suoi
figli, che annienta ogni evento dell’essere – per approdare in un tempo senza
tempo, in un luogo senza luogo, nel mondo immaginale dove tempo ed eterno
s’intessono, in immagini che non sono del tempo e non appartengono all’eterno.
Liberamente tratto dalla
Relazione letta al XV Congresso Internazionale di Psicologia Analitica, tenuto
a Cambridge nell’agosto 2001.
Mnemosine fu amata da Zeus, il quale le si presentò sotto forma di pastore. Giacquero insieme per nove notti sui monti della Pieria e dopo un anno, Mnemosine partorì nove figlie: le Muse, patrone delle arti.
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