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INCANTI
Il sole filtra dall’alto tra rami di alberi cresciuti in riva, il mare calmo satura la coscienza d’azzurro, l’udito coglie i rumori sottili, il brusio della vita, l’umore maturo di una stagione profumata d’aria e di fiori… pace che rende incerti i confini dello spartiacque tra i mondi.
Chiudo gli occhi sazi di colori e di bellezza.
Custodisco l’eredità di una storia, contenuto, essenza….. visione.
Non dormirò, sono certo, mai varco del tutto la soglia dell’incoscienza, ma entrerò nel mio sonno leggero che allunga il guinzaglio di un metro alla mia fantasia, quel metro che basta al mio riposo.
Ecco, mi culla il suono dell’acqua e un sommesso stormire di fronde: nulla di più soave del soffio del vento che viene dal mare e chissà da quali infinite distanze… Non c’è invito a partire più dolce, all’abbandono di sé, all’oblio…
La mia storia senza luogo e senza tempo, ha la trasparenza dell’acqua, somiglia a questo mare che abbraccia tutte le terre, non ha inizio, non ha fine e non ha memoria: è flusso, corrente di fiume.
È gioco.
Il gioco di Dio.
Abito i miei quadri, coltivo i miei giardini, amo passeggiare in queste regioni che si espandono in ogni direzione, ad ogni passo che faccio.
Inseguo gli orizzonti in cerca di bellezza e, del mio passaggio, resta diafana e iridescente traccia nell’aria, pulviscolo di stelle, scia di comete come strada lastricata di madreperla colorata.
Invito chi ha sentimento a condividere gli incanti, mi comporto da dio, regalo paradisi.
Fuori da queste stanze sento rumori di guerre, da una civiltà in fuga verso il buio si alzano bagliori rossi e urla di sirene.
Se il mondo è altra cosa, segua la sua stella livida e caduca.
La scena di questo mondo passa, il mio sogno resta.
La mia strada si allunga come sottilissimo filo di seta avvolto in inestricabile matassa, satura tutto lo spazio disponibile della mia mente estendendo propaggini nel contiguo spazio virtuale dell’anima: chilometri incommensurabili, accumulati senza muovere un passo fuori di me.
Sarà la strada giusta?
Un fantasma mi accompagna, un’inquietudine, un dubbio.
Risuonano come campane le voci dell’immenso coro sinfonico del mio tempo malato, affaticato dal disordine….. ma io non metto piede negli ospedali, ho grande rispetto per chi è impegnato a ristrutturare la casa in rovina, ma penso che, necessariamente, alla fine di tutta questa improba fatica, si affaccerà sfinito sul mio orizzonte dove tutto era da sempre come doveva essere: bello, armonico e significante.
Forse Dio mi rinfaccerà di non essermi sporcato le mani?....e a che sarebbe servito?
La Sua porta era aperta… c’era luce…ed io sono entrato…
…..senza richiuderla alle mie spalle.