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A N T O L O G I A
domenica 13 maggio 2012
Il simbolo della nostalgia: la Madre
C'è l'immagine di una terra, da cui l’artista è lontano, e questa terra è la terra della Madre, e l’origine, la Madre terra. E l’artista è colui che parla la lingua materna, perché la poesia espressa nell’arte non è il linguaggio delle istituzioni, del potere, della legge, è il linguaggio dell'invenzione, della fantasia, dell'affetto, è la lingua dell'immaginazione. E, dunque, l’artista è colui che parla la "lingua della madre".
Un artista che vive nella realtà di istituzioni, di regole, di potere è separato dalla sua terra, dalla sua “lingua” e tuttavia deve, comunque, parlare quella lingua. Ecco perché l’artista è sempre in una posizione, per così dire, nostalgica, perché usa una lingua, il linguaggio dell'infanzia, che era, un tempo, la lingua propria della sua formazione di individuo. E, dunque, questa separazione dalla terra è anche una separazione dal corpo della madre, da tutto quello che può significare il corpo della madre come linguaggio simbolico, come l'invenzione, come affettività, ponendo i termini appena analizzati nella stretta relazione "corpo della madre/corpo della terra/corpo della lingua". Sussiste una equivalenza, quindi, per l’artista, tra la madre, la terra e l’arte. E' un po' come se fossero la stessa cosa.
Un artista si forma, cresce, dà sostanza, forza, energia al proprio linguaggio se, e solo se, tiene presenti questi tre elementi. Ma questi tre elementi sono elementi che non si possono ricreare se non attraverso il ritmo, attraverso cioè la finzione di un nuovo tempo, che è il tempo della poesia, il tempo del linguaggio, che non è il "vero" tempo vissuto nell'infanzia. E dunque la poesia vive sempre in rapporto con un altro tempo.
Il ricordo principale della nostalgia, è il ricordo di un luogo, di uno spazio temporale vissuto in un luogo. Per lo più è il luogo natale, è il luogo dell'infanzia, è il luogo della patria, da cui uno si è mosso per andare altrove. Per questo la nostalgia è l'insieme dei ricordi propri di chi è stato sradicato o allontanato da un luogo. E' un modo di sentire tipico della lontananza, ed è un sentire proprio dell'esilio dalla Madre terra di accoglienza, di abbondanza e felicità.
liberamente tratto da http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=142#Platone
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