L’arte astratta non rappresenta la realtà, crea immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva. Essa, cioè, cerca di esprimere i propri contenuti nella libera composizione di linee, forme, colori, senza imitare la realtà concreta in cui noi viviamo.
Essa descrive la realtà solo in alcune sue caratteristiche. I segni, i colori sono simboli che rimandano a cose o idee, sono così un modo astratto di rappresentare la realtà. L'arte astratta è tesa a suscitare emozioni interiori, utilizzando solo la capacità dei colori di trasmettere delle sensazioni.
L’arte astratta nasce come volontà d'espressione e di comunicazione, ma lo fa con un linguaggio di cui difficilmente si conoscono le regole. Il problema interpretativo dell’arte astratta è stato in genere impostato su due categorie essenziali: la prima si affida alla psicologia gestalitica, la seconda all’esistenzialismo.
La psicologia gestaltica studia l’iterazione tra l’uomo e le forme. Ossia, come la percezione delle forme diviene esperienza psicologica e chiarendo come l’arte astratta riesca a comunicare con la psicologia dell’osservatore.
Altro metodo di decifrazione dell’arte astratta è quello di rintracciare l’esperienza esistenziale da cui è nata la specifica opera. L’artista, come qualsiasi altra persona di questo mondo, vive la medesima realtà di tutti. Riceve le medesime sollecitazioni, le interpreta con la sua specifica sensibilità e le traduce in forma. Il gesto creativo, l'opera, diventa traccia esistenziale: traccia di tutta l’iterazione tra realtà, sollecitazione, sensibilità e creatività. Solo l’artista, proprio perché è tale, sa esprimere e oggettivare attraverso il gesto creativo. In questo caso l’opera è traccia del proprio essere al mondo, che risulta il valore minimo, e testimonianza dell’essere al mondo in un particolare momento, in una particolare situazione o in un particolare contesto. Assume cioè valore di documento storico-culturale proprio perché è il frutto di quella particolare storia e di quella particolare cultura.