tutte le immagini dei quadri, delle sculture ed i testi tratti dai libri dell’artista sono © di Max Loy


..."Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole.

In metafora è qualcos’altro di più significante, una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.



raccolta di immagini, testi e pensieri di Max Loy ...

e di quant'altro attinente alla sua arte

.

..........................Informazioni personali......................... M A X . L O Y

La mia foto
Studio: via Abbi Pazienza 14 – C.A.P. 51100 Pistoia cell. 3389200157 mail - info@maxloy.com

In these paintings of mine there are two different elements: colour and shape, casualty and organization, intuition and recognition. Two different types of music combining melody and a countermelody evoking the marvel of a stereophonic listening.


ACCOMODATI, SEI IL BENVENUTO !

Introduzione alla Sua arte

Esposizione virtuale delle opere di Max Loy.

“E’ così: ogni azione e ancor più manifestamente quelle dettate dal sentimento, affondano le radici in una regione misteriosa dalla quale ogni gesto assume un significato trascendente che è caratteristico della figura dell’uomo: egli trascende se stesso, così le sue azioni sono allegorie, immanenza e trascendenza insieme.

Questo è un mistero grande, l’unico.”

data inizio blog: 8 ottobre 2009


per gli inserti redazionali consultare

le PAGINE ALLEGATE


http://maxloy-itaca.blogspot.com/p/auguri-dalla-redazione.html


http://issuu.com/maxloy1950/docs/inseguendo_il_raggio_verde_libro

@book LA MIA STRADA

@book  LA MIA STRADA
clicca sull'immagine

martedì 31 gennaio 2012

Acqua!!

Tratto dal libro di Max Loy "Sea Life"

Ora sono a pranzo.
Chiedo subito dell’acqua perchè passare la giornata al sole è bello, ma asciuga.
Intanto vado a vedere che si mangia di buono. ... Mah! ... comincio dal secondo per non farlo raffreddare e mi servo due pesci non identificati dal sapore non identificato: la coerenza è stile.
Porto il piatto al tavolo e vedo che non c’è ancora l’acqua. Siccome conosco la storia, chiedo al volo al primo cameriere che incrocia lo sguardo col mio la cortesia di portarmi, con sollecitudine, l’acqua che avevo già chiesto.
Il cameriere sparisce, va a servire altri tavoli e non si fa più vedere.
Avrò scelto il cameriere sbagliato, provo con un altro e glielo chiedo in inglese:  
- I want a bottle of water, please -
- water? -
- yes, please.-
E il cameriere va.

Intanto ho finito il pesce, mi alzo per inventarmi il primo: prendo dal vassoio delle verdure quattro pomodorini e sei olive, da un’altro vassoio dei dadini di formaggio, trituro tutto poi vado dal cuoco che serve la pasta e lo prego di cuocermi quell’intingolo aggiungendoci un po’ di salsa di pomodoro che è li a disposizione. Così creo un bel piatto sostanzioso e condito. Tornando al tavolo non trovo ancora l’acqua, allora vado dal maitre e chiedo di farsi carico del mio problema.

Ho già quasi finito di mangiare la pasta, ma l’acqua non arriva. Viene invece il cameriere di prima che mi fa un bel sorriso e mi chiede premuroso
- tutto bene amigo? –
- acqua! - esclamo da assetato. Il cameriere mi fa un altro bel sorriso cordiale, va a servire altri tavoli e non torna più.
Comincio a chiedermi se per caso sono finito su “scherzi a parte”, ma, porco boia, ho sete! e mi sta venendo anche il singhiozzo perchè ho mangiato tutta roba asciutta. Sto per andare di nuovo animosamente dal maitre per prenderlo sottobraccio e costringerlo a darmi questa benedetta bottiglia d’acqua quando sento alle spalle la presenza di un nuovo cameriere mai visto prima che, con grande stile, stappa un’insperata bottiglia e me la serve come un vino d’annata: “insc’Allah”.....

Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA - continua (4)

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e
fasi di costruzione di un quadro
1996


http://www.jamendo.com/it/track/48838

            ... Dunque lo stile ...
Lo stile in fin dei conti siamo noi, è la nostra grafia. Dico grafia e non calligrafia, perché questa parola di origine greca significa bella scrittura e non sempre il nostro stile è quel che si intende per una bella scrittura.
            Oggi poi, di belle scritture ne esistono veramente poche, perché s’è perso il gusto dello scrivere ed il rispetto per chi legge. Poco male non essere più cultori della forma, come nel periodo vittoriano. Tuttavia la forma, che non ha un valore di per sé, è sempre segno di qualcos’altro, che invece ha importanza. Faccio un esempio efficace: l’ordine e la libertà, sono la grafia, anzi la calligrafia di Dio e l’universo è l’opera che Dio ha scritto con la sua bella scrittura. La figura cui questa bella figura si addice non può essere diversa dalla persona di Gesù, vale a dire che lo stile coincide con la persona: il Verbo si è fatto carne, il che significa quindi che porsi un problema di stile equivale a porre il medesimo problema sul piano esistenziale.


            La questione esistenziale non è evidentemente una questione formale, ma di sostanza, è una ricerca del valore e fa capo alla metafisica della qualità, come insegna il nostro caro amico Pirsig nei suoi due libri “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” e “Lila”. Ed è necessario che il rarefatto mondo delle idee non possa restare avulso nell’impensabile spazio primordiale che precede la creazione, deve seguire il destino scelto liberamente dal Creatore, deve contemplare ed adempiere il mistero dell’incarnazione, deve prendere forma. 


          Se Dio si coinvolge con la Storia, assume un corpo ed un nome e cammina per le nostre strade, anche noi dovremo assumerci la responsabilità di essere “eucaristicamente” presenti nelle nostre opere, la cui forma non potrà essere arbitraria, ma al contrario determinata dal nostro stile, di cui dovremo rispondere, innanzi tutto a noi stessi, poi davanti agli uomini e quindi a Dio, come in una prova del nove di verifica.

            Le nostre opere ci interrogano ed attendono da noi una risposta di stile, che è innanzi tutto coerenza, coscienza e responsabilità.


Testi citati:

mercoledì 25 gennaio 2012

l'attenzione


Avete mai dato totale attenzione a qualcosa? Vi prego prestate attenzione. Purtroppo nessun altro vi dirà queste cose, perciò date attenzione a ciò che viene detto, affinchè l’atto stesso dell’ascolto sia il miracolo dell’attenzione. In questa attenzione non c’è confine, non c’è frontiera. C’è soltanto attenzione, e quando c’è soltanto questa attenzione non ci siamo né voi né io, non c’è dualità, non c’è osservatore ed osservato. Ma ciò non è possibile se la mente si sta già muovendo in una direzione prestabilita. State interpretando ciò che viene detto in rapporto a ciò che conoscete. Non è vero? Siamo stati educati e condizionati a muoverci seguendo una direzione. Ma questa direzione pian piano rende la nostra mente rigida. E lo diventa anche quando è piena di attaccamenti, paure. La mente è affollata, non ha spazio. Lo spazio è indispensabile. Dove c’è attenzione non c’è direzione, ma al contrario c’è spazio.



Liberamente tratto dal libro di J. Krishnamurti “Questa luce in se stessi”

martedì 10 gennaio 2012

Il coglimento della sfida




Oggi l’uomo è orfano del passato. La modernità, quella che ha rotto radicalmente il legame con la storia, ha presunto di fare a meno delle proprie radici. Nel fare ciò ha perso la propria identità e quindi la direzione. Per questo la nostra società ha difficoltà ad orientare il suo futuro. Non riesce ad immaginarlo perché la sua vista si è accorciata, non è più educata alle grandi distanze. 

L’Arte viene chiamata in questa epoca pragmatica alla sua finalità educatrice ... rieducatrice. E’ necessaria una riscoperta del suo più intimo significato e della sua funzione che vada oltre il semplice aspetto estetico. Deve tornare utile, indispensabile, per riappropriarsi di radici solide, e tornare a parlare alla gente comune. 

E’ importante che l’arte accetti questa sfida anche a costo di essere “inattuale”. Deve nuovamente aspirare ad essere testimonianza di un rinnovamento nello spirito. 

Se vorrà continuare a scoprire nuovi territori sconosciuti dell’esistenza, non potrà che progredire superando “il progresso del mondo”.



domenica 8 gennaio 2012

Il cuore




Il cuore della poetica del Loy è a base etica.

La dedizione a una Bellezza che placa l’ansia dell’anima dinanzi al mistero del mondo.

Egli esprime così la sua accettazione del malioso e doloroso mistero.
Sono le sensazioni di narcosi di un innamorato.

Il movimento delle caleidoscopiche immagini è lento,
sognante,
rischiarato da luci oblique,
crepuscolari.

Suoni di suggestive risonanze.
La rappresentazione della vita è, per questo artista, come un’armonia di contrasti,
in cui la composizione è una mirabile sintesi.

sabato 7 gennaio 2012

Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA - continua (3) ....

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e
fasi di costruzione di un quadro
1996



E poi c’è la Storia, lo sguardo d’insieme dall’alto, quello che ogni bravo pittore dà allontanandosi di tre passi dal quadro sul cavalletto per capire se la cura così attenta ai particolari che sta dipingendo è essenziale e bella anche a tre metri di distanza, quando con uno sguardo si può abbracciare l’intera dimensione del quadro.



Nella cura del dettaglio fa uso della tecnica, nella valutazione a distanza fa uso dello stile, che è la cultura che ha selezionato, anno dopo anno, tutte le informazioni e le esperienze provenienti dai quattro punti cardinali, a partire dal lontano avanti Cristo fino al tempo attuale, riferite alla situazione presente ed osservate dall’altezza variabile di un orizzonte personale, determinato da molteplici cause e concause legate inestricabilmente ed un criterio insindacabile, ma arbitrario di valori stabilito intorno ai tre o quattro anni, quando non capivamo niente di niente, quasi come adesso.

Questo è lo stile ...

Tecnica e stile ... di che cosa vogliamo parlare? Non mi chiedete che vi spieghi la tecnica! Volete forse che vi annoi a morte? Quando sarò più cattivo vi accontenterò, ma ora non mi sembra bello, il mio stile ne soffrirebbe. Intanto imparate questo: non bisogna mai sacrificare lo stile ad esigenze profane, per questo, in un certo senso, tutte le scuole, le accademie ed i manuali sono sconsigliabili ai fini di maturare una personalità autonoma.
Le cose dovrebbero andare così: si dovrebbe colloquiare con le mode e con l’autorità. Ma questo è molto difficile quando la nostra personalità non è ancora formata. Del resto questo è un dilemma: se si frequenta un maestro, prima o poi ci plagia. Se non ci si confronta si resta isolati e disinformati. Ognuno trovi da sé la giusta soluzione, io propongo la mia: mi scelgo un maestro veramente in gamba, uno che stia al posto suo e che abbia estremo rispetto per la mia individualità. Me lo immagino così: con la barba bionda ed i capelli fluenti, il volto serio e volitivo, mite e sereno, sobrio di parole, capace di ridere, che non mi rinfacci il tempo che mi dedica, anzi che desideri stare con me, che mi ascolti, che mi voglia bene, che non mi vizi, che sia irremovibile, solido, sapiente e saggio, che abbia un nome che lo rappresenti bene, un nome ebraico, per esempio.


            Ovviamente io porto la barba, che non è bionda, però ora è brizzolata, ed i capelli non sono proprio fluenti, ma io faccio finta che lo siano: di capelli ne ho pochi, ma di fantasia quanta ne voglio. Sono i denti sporgenti nascosti sotto i baffi che non centrano niente ... ma che si deve fare ...

martedì 3 gennaio 2012

Il bravo pittore Max

Apro il baule dell’auto per prendere i due quadri che riporto dal Flamingo. Faccio questa spola spostando le cose su e giù per variare le mostre.
Come sempre ho le mani piene: chiavi, astuccio, costume, scheda, quaderno in una mano e con i due pannelli nell’altra, tento di richiudere lo sportello, in alto, sopra la mia testa. Faccio strane contorsioni in punta di piedi usando muscoli impropri ed articolazioni inedite, ma poco funzionali. Alla fine mi sbatto i due pannelli sui denti e mi faccio male. Non mi viene neanche da ridere.
Devo scrivere un libro su questa storia delle mani piene…. Ho già pensato al titolo: ”A piene mani.”

Bella giornata oggi, l’aria è fresca e mette voglia di fare ed io non perdo tempo. Vedo due mamme con relativa prole che conversano nella zona bimbi che si trova accanto al mio chiosco. Faccio due passi e un sorriso, poi rivolgendomi alla più carina dico - belle signore, siete arrivate da poco mi pare… - già ho toppato perché stanno per finire la settimana di vacanza e magari si saranno offese perché praticamente gli ho detto di non averle mai notate.
Faccio finta di niente e continuo - ..allora, per la cronaca, io sono il bravo pittore Max che fa, tra le altre cose, dei bei ritratti alle belle signore e ai loro bei bambini. Se la cosa vi piace organizziamoci in tempo perché mi serve tempo. –
- semmai al mio bimbo, perché io non sono soggetto da ritratto - risponde quella carina.
Quante ne ho sentite di queste risposte?.... 
- gentile signora - sorrido - lei mi vuole provocare ad un secondo complimento, ma io ne posso spendere solo uno al giorno. –
- e i ritratti ce li regala? – fa l’altra che forse ha voglia di civettare (sono sempre le brutte che ci provano)
- non me lo sogno neppure, sapete, sono sposato e se si viene a sapere che regalo i miei quadri alle signorine, mia moglie cambia serratura al portone di casa. –

Basta, mi è già passata la voglia di darmi da fare, meglio filarsela in canoa in mezzo al mare.
Così decido e così faccio, me la carico in spalla e facendo il solito slalom tra alberi e cespugli, varco il primo cancello.
Il secondo cancello è più complicato.
Nicola ha fatto installare un cannicciato a S che protegge l’ingresso alla spiaggia privata dalla curiosità degli estranei, e per passare di li devo fare un balletto di tre passi di qua e tre di là: una cosa carina. Devo usare destrezza, e altra ce ne vuole per raggiungere il mare passando tra lo sbarramento di brandine disposte in ordine sparso.
Ho visibilità solo sul mio lato sinistro perché il destro è impedito dall’ala gialla della canoa e con gran dispiacere devo rinunciare a buttare l’occhio dove non devo perché, il caso vuole, che tutto il ben di Dio che una gentil donzella è disposta a regalarmi con tanta inconsapevole generosità, sta proprio li, a destra e, più mi avvicino, più lo nascondo.
Quando si prega il Signore: ”libera nos a malo”, il Signore libera nos a malo e non ci resta che dire grazie.


tratto dal libro di Max Loy "Costa dei Fiori"