tutte le immagini dei quadri, delle sculture ed i testi tratti dai libri dell’artista sono © di Max Loy


..."Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole.

In metafora è qualcos’altro di più significante, una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.



raccolta di immagini, testi e pensieri di Max Loy ...

e di quant'altro attinente alla sua arte

.

..........................Informazioni personali......................... M A X . L O Y

La mia foto
Studio: via Abbi Pazienza 14 – C.A.P. 51100 Pistoia cell. 3389200157 mail - info@maxloy.com

In these paintings of mine there are two different elements: colour and shape, casualty and organization, intuition and recognition. Two different types of music combining melody and a countermelody evoking the marvel of a stereophonic listening.


ACCOMODATI, SEI IL BENVENUTO !

Introduzione alla Sua arte

Esposizione virtuale delle opere di Max Loy.

“E’ così: ogni azione e ancor più manifestamente quelle dettate dal sentimento, affondano le radici in una regione misteriosa dalla quale ogni gesto assume un significato trascendente che è caratteristico della figura dell’uomo: egli trascende se stesso, così le sue azioni sono allegorie, immanenza e trascendenza insieme.

Questo è un mistero grande, l’unico.”

data inizio blog: 8 ottobre 2009


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martedì 27 dicembre 2011

Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA - continua (2) ....

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e 
fasi di costruzione di un quadro

1996




Oggi esistono in commercio manuali e metodi di ogni tipo per imparare a fare le cose. Nel campo dell’arte alcuni sono curiosi, perché vengono a raccontare come è fatto il corpo umano, che tutti possediamo, spiegano come è strutturato un albero, che colore ha il mare, che consistenza hanno le nuvole, come ricadono le pieghe di un drappo, qual è il colore di un’arancia e quale quello dell’uva, quali sono le posizioni che assume un cavallo e via via di questo passo.
Ce ne sono altri, e questi sono veramente belli, che insegnano a disegnare, e per fare questi si inventano certi esercizi così noiosi, ma così noiosi che giurerei non ha mai fatto nessuno.
Altri opuscoli portano il titolo: come dipingere l’acqua, il paesaggio, le case, il mare, il nudo, il sedere e chi più ne ha, più ne metta. C’è un opuscolo per dipingere ogni cosa, tranne naturalmente quel particolare oggetto o aspetto della realtà che ci interessa.
E’ logico, non ci può essere un opuscolo per tutto.
Altri ancora insegnano: “ Mò te faccio vedè come si dipinge Van Gogh, Monet, Caravaggio, Michelangelo, Picasso, ... Max Loy ... “
Mi interesserebbe veramente se mi spiegassero come dipingo io, quali colori uso e che cosa mi invento di solito. E’ una curiosità che ho sempre avuto.
Mi è capitato tra le mani anche un libro piuttosto impegnativo dal titolo piuttosto accattivante: “Disegnare ascoltando l’artista che è in noi”. Mi immagino che esisterà un libro intitolato “Lo yoga ed il disegno” ed un altro dal titolo “Lo sport e la pittura: come si dipinge correndo”, in concorrenza con un altro testo pubblicato dall’altra parte del mondo che titola, tradotto in italiano “ come correre dipingendo e cantando”.


Chiaramente ci sono poi, anzi prima, perché sono nate prima di questa fioritura editoriale sull’argomento, le Accademie:
-       Ohè! Essere diplomati all’Accademia ... fa un bell’effetto, no? -
Io sono un autodidatta e mi sono divertito un mondo a dipingere, a scolpire, a costruire, ad inventare, a modellare, a suonare, a scrivere prosa, poesie, saggi e fesserie. Come ho fatto? ... e beh ... e beh ... voi volete sapere subito il trucco..... Il trucco c’è, ma non si vede: prima il business, poi il trucco, d’accordo? Il business consiste in questo: ora vi racconterò di storie a pagamento, storie di cui a voi probabilmente non importerà proprio niente, ma che a me divertono tanto e che vi leggerete per il semplice fatto che vi siete, come vedo, comprati questo libro. Naturalmente se farete la vostra parte io farò la mia, onorerò il mio impegno, manterrò la mia promessa e rivelerò il trucco.
Diciamo che nel frattempo colgo l’occasione per dire la mia, a modo mio ed a fin di bene. Infatti nulla e nessuno ci aiuta maggiormente a crescere delle persone moleste.
I santi, che rappresentano al massimo livello gli artisti in quanto hanno fatto dell’intera loro vita un’opera d’arte degna di essere esposta in personale nella galleria trinitaria dell’Altissimo, sono sempre vissuti attorniati dalle persone moleste, altrimenti chiamati peccatori. Se si estirpa la zizzania, si sradica anche il grano. Se volete il trucco vi dovete sciroppare tutto il libro.

giovedì 8 dicembre 2011

L'origine

Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.
Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo, 
e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.
E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato il tesoro
del mondo nelle mie esili braccia?


Tagore



Il segreto dell'evoluzione


Cominciammo sotto forma di minerali,
emergemmo alla vita vegetale,
quindi allo stato animale,
e infine fummo umani,
sempre dimentichi del nostro stato precedente,
tranne che all'inizio di primavera
quando ci sfiora il leggero ricordo
di essere già stati verdi.

E' così che il giovane si rivolge al maestro,
e il bimbo al seno che lo allatta,
senza conoscere il segreto del suo desiderio,
eppure seguendolo istintivamente.

L'umanità percorre il suo cammino di evoluzione,
in questa migrazione di intelligenze,
e benchè sembriamo addormentati
c'è una veglia interiore a dirigere il sogno,
che alla fine ci porrà di fronte,
meravigliati,
alla verità di chi noi siamo.

                                                            Rumi       XIII secolo


domenica 4 dicembre 2011

Lady O. - Sulla Bellezza e sull'Amore



Io sogno di lei, al riparo, lontano da tutto, 
vagando distratto nelle mie nebbie: 
laggiù, oltre lo sguardo, 
eravamo noi nell’età del gioco e degli incanti.


Qui, dove si alternano le stagioni, 
siccità e gelo inaridiscono l’erba aprendo solchi nella terra,
rughe sul volto: la primavera è breve. 
Nebbia luminosa dissolve il mondo in un lento oblio. 
Fugace, il presagio del tempo, aduna nuvole leggere, 
farfalle, musica…
il peso inconsistente dell’effimero 
distilla nell’anima una nota strana, 
in tono minore: bellezza, 
non è per sempre. 


Io sogno di lei, al riparo, 
lontano da tutto,
vagando distratto nelle mie nebbie.

sabato 3 dicembre 2011

Sincronia e diacronia: un’analisi dell’artista.

Oggi, per la lettura delle opere dell’artista Max Loy e perciò per la sua più approfondita conoscenza prendiamo come tema questi differenti termini:


Sincronia: 
complesso delle caratteristiche strutturali di un fenomeno considerate in un determinato momento storico, prescindendo dalla sua evoluzione.


Diacronia: 
dimensione temporale in cui si collocano i fenomeni nel loro continuo divenire

Tutti i fenomeni possono essere studiati secondo queste due diverse prospettive: quella sincronica e quella diacronica. Infatti affinchè un ingrediente esperienziale sia avvertito come espressione di un modo di essere, entrambi gli aspetti sembrano necessari: la sua appartenenza a una configurazione unitaria e la sua relativa persistenza.

Anche il linguaggio dell’arte di Max Loy può perciò essere esaminato secondo queste due diverse dimensioni.  


Mettendo a confronto  queste due diverse opere del pittore cosa ne emerge? 



Lo chiediamo proprio all’Autore ...

"Ne emerge che la confusione dello sfondo nel primo quadro si è risolta in una confusione strutturata e armonica, la figura non è più un soggetto “applicato” e forse incongruente, mentre la monocromia si è arricchita di una tavolozza accesa, morbida e fusa, illuminata da una sorgente di luce che sembra essere il nuovo coerente soggetto di un disordine dinamico, ma non opprimente.

Morale:
la confusione resta la caratteristica endemica e permanente,
ma fa ben sperare."


Max Loy

Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA - continua (1) ....

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e 
fasi di costruzione di un quadro

1996



La volontà ha fatto la sua parte fin qui, ma quello che adesso mi serve non me lo può procurare, esula dalle sue competenze. Ora ho bisogno di un coinvolgimento emotivo, di un sentimento.
Se non mi importa niente di quel che faccio, se non sento l’importanza di dare un corpo alle idee, ai sogni, ai pensieri, se non desidero comunicare, esprimere, elaborare la creazione, se non gusto la bellezza e non mi emoziona l’atto simbolico di “mettere al mondo”, di “generare”, di dare vita, se tutto ciò non mi commuove e non mi esalta, allora non potrò mai cavalcare quell’onda anomala e gigante che è l’ispirazione, non potrò conoscere quali regioni si estendono al di là del mio piccolo orizzonte.
“ ... Noi verremo a te e prenderemo dimora presso di te...” rivela il Dio trinitario all’uomo che spazza la sua casa in attesa dell’Ospite di riguardo.
Spazziamo dunque la nostra casa per ricevere la scintilla dell’ispirazione, poiché nulla è più importante che vivere in comunione con il mistero.



L’artista è uno spirito contemplativo ed uno che prega.
Poi “il vento soffierà dove e quando vuole ... “ e dovremo imparare ad attendere vigili: ci vuole pazienza. E la pazienza ci recherà in dono la saggezza.
A proposito di saggezza ... e di logica: l’opera che uscirà da noi non la riterremo più grande di noi. Non creiamo un idolo da un pezzo di legno scolpito: è una storia vecchia. Dal più piccolo non può derivare il più grande. Ed è al tempo stesso un avvertimento: se vuoi creare opere di valore, portati al livello del valore; se vuoi la qualità, diventa qualità; se vuoi essere un buon artista, pratica la virtù (almeno ogni tanto).
C’è una sola eccezione a questa equazione. E’ la grande ispirazione per mezzo della quale Dio in persona ci porta in braccio oltre e ben oltre i nostri limiti. Ma non è cosa di tutti i giorni.

mercoledì 30 novembre 2011

Recensioni da repertorio: Castelvecchio, Verona 1987


Nei suoi dipinti Max Loy svela una profonda esigenza sentimentale di risalire alla realtà di quei sogni e miraggi esotici che gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza nutrono senza posa e risparmio. Non ci troviamo qui infatti al cospetto del fantastico, intellettualistico surreale, o del chimerico mondo primitivo dei naifs.


In Max Loy riemergono i volti, i cieli, i tramonti vagheggiati con minuziosa perfezione immaginaria in quella stagione di insaziate avventure oniriche che è la primissima giovinezza; stagione di archetipi impossibili, di sfere magiche e di candidi turbamenti, propizia all’invenzione di favole e leggende, di trasparenti confessioni dei propri segreti più profondi.
Max Loy è cosciente di questo sdoppiamento dell’apparentemente reale, per l’irrompere o meglio per il riaffiorare continuo, nel presente, della memoria di immagini perdute.

Licisco Magagnato




Licisco Magagnato (1921-1987), che ricoprì l’incarico di direttore dei Musei Civici di Verona tra il 1956 e il 1986, non fu soltanto uno dei grandi protagonisti della vita culturale, apprezzato a livello nazionale e internazionale per i suoi studi di storia dell’arte e quale promotore dell’opera di Carlo Scarpa, che tra il 1958 e il 1964 rinnovò il Museo di Castelvecchio.

Fondatore di altri musei nella città scaligera, condusse una lunga battaglia in favore della tutela nazionale del patrimonio storico e artistico, contro lo spezzettamento regionalistico propugnato allora da vari esponenti del mondo intellettuale. Nel 1987 fu nominato primo presidente dell'Istituto Veronese per la storia della Resistenza. Morì prematuramente l'11 aprile dello stesso anno.

domenica 27 novembre 2011

Piccolo saggio sulla Pittura - PARTE PRIMA

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:

premesse e 

fasi di costruzione di un quadro

1996



Quando chiudo gli occhi sazi, ed anche stanchi, dopo una giornata di lavoro al cavalletto e ripenso agli itinerari che la fantasia ha percorso, alle cose che ha visto, alle scelte che la ragione e l’istinto hanno compiuto, a volte cavalcando l’indocile cavallo dell’ispirazione; se ripenso alle mille possibili alternative, alle insospettate implicazioni, alle allegorie, alla storia che vado narrando per immagini da trent’anni ... allora mi nasce il desiderio di scrivere un libro, un bel tomo sulla pittura, un’opera alla “Leonardo da Vinci”, più o meno. Però quando mi propongo di delineare la spina dorsale di quest’idea, quando mi siedo con l’intenzione di intraprendere un prologo e di tentare un approfondimento, che sia particolare o generico, tecnico o filosofico, ispirato o contabile, quando tento in un modo anche improvvisato di parlare di quello che, oltre ad essere il mio lavoro, è in tutto anche la mia vita, sento che farei meglio a lasciar perdere, che sarebbe preferibile esprimersi dipingendo.



E’ scoraggiante! Vorrei scrivere quel che dipingo e dipingere quel che scrivo. Questa indecisione potrebbe diventare un ottimo argomento per rinunciare ad entrambe le cose. Ma non deve essere così. Stabilisco quindi una massima che terrò sempre presente: non importa se le cose non mi vengono incontro festose e facili. Non importa, vado avanti lo stesso: con la volontà. La volontà è affidabile se ha motivazioni ben fondate.
Per me la volontà di “fare”, che suona come “far nascere”, “elaborare”, “costruire” viene dalla motivazione che mi sono dato all’inizio della vita: esistere è meglio che non esistere. Partendo da questo presupposto posso organizzare un lavoro anche in assenza di ispirazione, di stimoli e di gratificazioni. Ho stabilito che fare è un dovere etico ed a questi imperativi non si risponde altrimenti che “Signorsì!”.
E’ vero che da qualche parte mi giunge notizia che “l’otium” sia da considerarsi altamente etico: comprendo, però non fa per me. Lo ritengo un ottimo rimedio contro la schizofrenia del sistema di vita attuale ma, al di fuori di un contesto così degenerante, francamente lo giustifico meno.
Quindi, stabilito che il postulato che “fare” è bene e doveroso, mi organizzo. Per fare ho bisogno di una tecnica appropriata e per procurarmi la tecnica giusta devo ricorrere ad un metodo di ricerca che è l’elaborato delle categorie mentali logico-deduttive che sono in concordanza con l’universo, che sembra la traduzione costruttiva del concetto di coerenza. 


E se l’universo è coerente, 
l’universo ha anche uno stile. 


Supernova from Glenn Marshall on Vimeo


Quindi anche per me lo stile della mia ricerca maturerà una tecnica coerente. La tecnica necessariamente radunerà intorno a sé gli strumenti con i quali operare e si inventerà un laboratorio. A questo punto ho quanto basta per partire: uno stile, una tecnica ed un laboratorio.



martedì 22 novembre 2011

Come risorgiva



Si addormenta l’ansia
Cadenzando balzelli nell’aria estiva
Come risorgiva zampilla l’energia
Trasportando con sé incertezze
Emergono speranze
accompagnandoti alla riva.


Maristella Angeli

domenica 20 novembre 2011

Piccolo saggio sulla pittura - Prefazione

Un itinerario per trasformare le idee in fatti:
premesse e 
fasi di costruzione di un quadro

1996


Prefazione

Da qualche mese ho degli allievi che frequentano la mia bottega “Il Privilegio dei Pazzi” per imparare a dipingere.
Sento così il bisogno di fare quello che, essendo solo, non avevo mai fatto esplicitamente: chiarirmi le idee sulla metodologia della mia ricerca e del mio insegnamento.
                Ne è nato un libro, come un pro-memoria.
                Il mio amico Sandro, al quale ho letto qualche passo buttato giù lì sul momento, durante una lezione, oggi mi ha riportato una frase tratta dall’epistolario di Van Gogh, dicendomi:
-  Mi sono ricordato di quest’opera e ti ho trascritto questo pensiero, perché mi sembra proprio adatto come citazione d’apertura al tuo lavoro. -
                “... Io ho un bisogno terribile di religione; allora vado di notte a dipingere le stelle ...”
Bravo Sandro! Questa frase avrei potuto scriverla io e con lo stesso stile.
                Partendo dunque da questo aforisma, annoto alcune convergenti considerazioni. Le allineo qui di seguito, gerarchicamente, in ossequio alla disciplina militare di mio padre.
                La prima di queste è infatti che mi sento in debito, io ho un grosso debito con il Padre Eterno. Mi è stato affidato un talento che devo restituire, giustamente, con gli interessi, e, con i soldi, sapete bene, non si scherza.
                Ma quel che più mi preme e che va un po’ oltre il dovere è il desiderio di ritornare da Siloe per pronunciare un sentito grazie riconoscente. Ovviamente il dono del talento è stato fatto a tutti, con molta fantasia, e comporta insieme gioia e dolore, fatica e gratificazione, morte e resurrezione, da quando Adamo volle gettare lo sguardo su entrambi i versanti del monte di Dio. Ma tutto questo non riguarda che l’alba dell’uomo. Nella maturità dei tempi ci è stato dato il vero inestimabile dono: la promessa, la strada, la forza e la stella dei naviganti, unitamente ad un compito e ad una missione: rendere testimonianza.
                Grazie di questo, Signore. Amen.
Il secondo motivo che giustifica questa fatica è la prudenza: la vita è sempre molto fragile. La mente può svanire, possiamo rimbambire dall’oggi al domani e non ricordarci nemmeno l’indirizzo di casa. E’ già da tanto che soffro di vuoti di memoria ... inizio un discorso e poi mi fermo perplesso, perché non ricordo che cosa volevo dire; inizio un lavoro con un progetto e poi me lo dimentico e regolarmente invento un altro itinerario.
Salgo in macchina e svolto automaticamente nella strada che mi riporta in garage, perché sono soprapensiero. Meglio allora mettere le mani avanti e seminare i miei percorsi con i sassolini di Pollicino.
                La terza considerazione è che ho dei figli, “spirituali” e non: voglio loro una mappa, una “mappa del tesoro”, come un vecchio pirata in pensione.
Siete anche voi, con le vostre domande e le vostre pretese: continuate a lagnarvi ogni giorno che il tempo è tiranno, che la vita è una corsa senza senso, che c’è una ruota che vi trascina, che non siete liberi di essere voi stessi e continuate a ripetermi “beato te ... beato te ...”. E allora come la mettiamo? A me sembra che mi vogliate prendere per i fondelli. Così, anche per questo voglio rispondervi. Vi mostrerò quanto sono beato, perché sono beato e come si fa per diventare beati. Poi vedremo se invidierete ancora questa mia beatitudine che vi metterò a portata di mano.
                Il quarto motivo è che mi piace scrivere: mi completa.
                Il quinto è il “business” ... chissà ... se riuscissi a fare un bel business con questo libro avremmo finalmente un argomento di conversazione.
                L’ultimo importante motivo è che ci sono moltissimi altri importanti motivi, cioè, come si usa dire oggi per dare garanzie di serietà, sono “seriamente motivato”.
                Poi, com’è giusto, dopo le motivazioni vengono le intenzioni, anzi, le “buone intenzioni” che, a mio giudizio, questa volta sono veramente esagerate, ma, come capirete, in questi casi ci si comporta come quando si tira con l’arco: più lontano è il bersaglio, più bisogna puntare in alto. Ed il mio bersaglio è stato quello di concepire un’opera nuova nel suo genere, sia nella finalità che nei contenuti.
                Premetto infine, che quanto andrò esponendo è tratto esclusivamente dalla mia esperienza personale e perciò mi assumo interamente la responsabilità di ciò che ho scritto.
                Sarò molto felice se saprò che qualcuno avrà tratto vantaggio da questa lettura, viceversa, se il libro risultasse indigesto e superfluo lo si getti tranquillamente nel fuoco: il mondo non si accorgerà di nulla.

Il mare: metafora dell'esistenza


L'esistenza è un mare,
le parole sono le sue sponde;
le conchiglie sono le lettere,
le perle l'intima conoscenza .

Ogni onda proietta mille perle,
regali della tradizione e dei testi sacri.
Ad ogni attimo si infrangono migliaia di onde,
eppure l'acqua non diminuisce d'una goccia.

Il sapere e la conoscenza nascono dentro questo mare,
che ne avvolge le perle della voce e della scrittura.


Rumi


giovedì 17 novembre 2011

Dea e mito: gocce di psicologia del femminile


Le dee sono immagini di donne vissute nella fantasia umana per oltre tremila anni e riproducono o rappresentano ciò che le donne sono, con un potere maggiore e un comportamento più differenziato di quanto storicamente non sia stato loro consentito di manifestare. Sono diverse l'una dall'altra. Ciascuna ha caratteristiche tanto positive quanto potenzialmente negative.

I miti che le riguardano mostrano ciò che per loro è importante e ci suggeriscono, sotto metafora, ciò che una donna che assomiglia loro può fare.

tratto da un testo del Dott. Zanetti Gigliola


Atena è la divinità per eccellenza dell'Acropoli. Incarna il senno e la ragione. Ella è sì anche la dea della guerra e dell'ardire, del valore e della vittoria, pretende però dai suoi protetti azioni che siano il frutto di riflessione, di fermezza di carattere. Il senso del realismo, caratteristica femminile, è di Atena. 
Nell'arte, Atena è spesso raffigurata con scudo. Sacri alla dea erano l'olivo, il gallo.

Da lei impararono l'arte i fabbri, i carpentieri navali, i fonditori e orafi, da lei le donne l'arte di tessere. La sua verginità è ovvia e sicura di sé, non solo non viene mai sfiorata da un attimo di titubanza, ma mai a nessuno dei tanti uomini cui si accompagnava, venne mai in mente di trattarla con atteggiamento men che rispettoso.

Atena è la ponderatezza, il senno, il pensiero che porta all'azione, tutti stati d'animo che escludono ogni sentimentalismo o abbandono, che invece è richiesto dall'amore.

Testo liberamente tratto dalla Redazione


martedì 15 novembre 2011

Quadri di vetro

(aprire in un'altra finestra)


- Vede - dico allora - questi quadri sono, innanzi tutto, trasparenti…. Lei può guardare attraverso di loro come fossero di vetro. 

Questo non accade nella pittura figurativa dove il pittore, se è bravo, definisce ogni dettaglio così bene che l’osservatore è pressoché obbligato a percorrere passo passo tutta la strada che gli è stata preparata per farlo giungere esattamente li dove era previsto arrivasse. 

Ma qui non è così, in questi quadri magicamente esistono tante strade per quanti uomini contiene il mondo e ognuno può scegliere quella che più gli somiglia e, inoltre, guardando attraverso queste finestre, immancabilmente si finisce per vedersi dentro. 

Faccio notare allora che stare bene davanti a questi quadri significa dunque anche stare bene con se stessi e di più, se essi vivono della nostra ricchezza interiore, godere di loro sta a significare che siamo ricchi dentro. E tutto questo, come vede, è espresso in modo giocoso, disinvolto, spontaneo e informale. Si parte dalla piacevolezza di superficie per scendere alla profondità che vogliamo e di cui siamo capaci senza fare sforzo e senza bombole d’ossigeno prese in prestito. Che ne dice? – 

Potrei continuare per ore descrivendo la tecnica, dimostrando quanta affinità esista tra canone estetico e morale, tra arte e vita, gemellando le alchimie compositive alla scienza e alle leggi dell’universo fino ad appoggiare questo fantasioso e rigorosissimo castello logico sulle monolitiche fondamenta della Chiesa e da li spiccare il volo verso l’infinito agganciandomi alla scia delle comete….potrei fare certamente tutto questo e colto da raptus creativo modulare la voce fino al canto….. 

Tratto dal libro "Costa dei Fiori" di Max Loy 



Generare



Gusto la bellezza e mi emoziona l’atto simbolico
di “mettere al mondo”,
di “generare”,
di dare vita. 
Tutto ciò mi commuove e mi esalta. 
Questa sensibilità è necessaria per cavalcare l’onda anomala e gigante dell’ispirazione.
Con lei posso conoscere le regioni che si estendono al di là del mio piccolo orizzonte.

Rigore e misericordia



Quando una cosa non mi riesce penso ingiustamente di non aver lavorato, mi do dell’inetto e del vagabondo. Non serve ricordare che su questo dannato quadro ho speso ore e fatica: col mio metro valgono zero. Non sono come quei professionisti che anche se non risolvono il caso devi pagare lo stesso, no, per me ogni quadro firmato dev’essere un caso risolto: devo a me stesso uno standard di qualità. Ragion per cui se non mi sento in vena solitamente mi dedico ad altro.


Ma ora mi sono intestardito: Bene! Caro quadro, a noi due! Così esploro per ogni verso il quadro, compio il solito gesto di stender un braccio e di strizzare un occhio, che ha lo scopo di escludere alla vista porzioni dipinte che tento d’immaginare diverse, poi mi avvicino, capovolgo il pannello e ricomincio l’analisi. Alla fine decido di sparare nel mucchio, prendo il pennello, lo immergo nel rosso e zac! Poi tocca al blu: zac! E vai col giallo: niente di meno che i colori fondamentali, cosa ovvia per un fondamentalista. 
Ancora no, non ci siamo. Aver sprecato dieci chili di colore, stratificato uno sull’altro per non concludere niente è uno smacco che mi brucia come un insulto. 

Faccio guizzare le ultime due pennellate intinte nell’oro acrilico, affidando alla rabbia l’ultimo tentativo di salvare l’opera e resto sul colpo a valutare il risultato. 
Mi allontano ricordandomi che Dio è misericordia e lentamente mi volto per il giudizio finale:                                                                         un’Apocalisse.

domenica 6 novembre 2011

L'incanto spezzato


...... Cadde l’incanto, e spezzato con esso, a terra sparso il giogo: onde m’allegro.
E sebben pieni di tedio, alfin dopo il servire e dopo un lungo vaneggiar, contento abbraccio senno con libertà.
Che se d’affetti orba la vita, e di gentili errori, è notte senza stelle a mezzo il verno, già del fato mortal a me bastante e conforto e vendetta  è che l’erba qui neghittoso immobile giacendo, il mar la terra e il ciel miro e sorrido.

(piccolo stralcio da "I Canti" di G. Leopardi)




domenica 23 ottobre 2011

La fotografia e il ritratto



La fotografia è sempre stata, oltre che una forma d’arte in sé, anche una tecnica di supporto ai pittori “tradizionali”, per la elaborazione della realtà tramite la propria impronta personale. Attraverso il mezzo fotografico poteva e può essere ritratto il movimento, l’energia in atto, l’intensità vitale delle cose. Può più dettagliatamente e precisamente essere descritta e studiata l’immagine immanente del divenire.
Mezzo di studio e supporto tecnico quindi.


”La capacità di svelare un carattere è l’essenza di un buon ritrattista”, “un buon ritratto coglie un momento di immobilità nei flussi quotidiani delle cose quando l’interiorità di una persona riesce a trapelare”. L’arte del ritratto prende origine dalle basi pittoriche, le quali fissano il significato mediante codici e simboli.


Dal lato tecnico il ritratto è una ripresa ravvicinata del soggetto, ma attenzione a non ridurlo solo a questo, è interessante notare come in un ritratto siano molteplici le implicazioni semiotiche e simboliche che attirano la nostra attenzione.

Un ritratto è sempre più del volto che rappresenta.