tutte le immagini dei quadri, delle sculture ed i testi tratti dai libri dell’artista sono © di Max Loy


..."Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole.

In metafora è qualcos’altro di più significante, una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.



raccolta di immagini, testi e pensieri di Max Loy ...

e di quant'altro attinente alla sua arte

.

..........................Informazioni personali......................... M A X . L O Y

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Studio: via Abbi Pazienza 14 – C.A.P. 51100 Pistoia cell. 3389200157 mail - info@maxloy.com

In these paintings of mine there are two different elements: colour and shape, casualty and organization, intuition and recognition. Two different types of music combining melody and a countermelody evoking the marvel of a stereophonic listening.


ACCOMODATI, SEI IL BENVENUTO !

Introduzione alla Sua arte

Esposizione virtuale delle opere di Max Loy.

“E’ così: ogni azione e ancor più manifestamente quelle dettate dal sentimento, affondano le radici in una regione misteriosa dalla quale ogni gesto assume un significato trascendente che è caratteristico della figura dell’uomo: egli trascende se stesso, così le sue azioni sono allegorie, immanenza e trascendenza insieme.

Questo è un mistero grande, l’unico.”

data inizio blog: 8 ottobre 2009


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martedì 29 dicembre 2009

Lo sterco del diavolo - da "Costa dei fiori"



Oggi avrei proprio voglia di quagliare: sono stanco di pensare, di fare bei discorsi e d’essere creativo, voglio vedere i soldi, contare i soldi.

Annusarne il profumo no, perché è sterco del diavolo.


Qualche volta ho la sensazione che Dio mi ascolti.


Mi si avvicina un tale, un francese che l’altra sera, mentre dipingevo, è rimasto tutto il tempo seduto alle mie spalle in silenzio, testimone di tutte le mie incertezze e della fatica, non certo della genialità. Viene da me e mi fa capire, farfugliando un bislacco italiano-francese che fa pari col mio italian-english, che vorrebbe acquistare quel quadro su tela che ho selezionato come sfondo sul display del mio cellulare perchè è veramente bello.

Quasi non ci credo: sono 500 euro tondi che arrivano in un colpo solo!

Ma c’è un però (non può mancare) deve sentire la moglie….”Ok” penso ”si entra nel solito standard del vorrei, ma non posso: mi venga incontro.”

Taglio corto, 400.

Quattrocento euro vanno bene anche alla moglie e non occorre chiederlo, va in camera e torna coi soldi, tutto contento, e io gli consegno la tela arrotolata a cannocchiale, con un inchino da cicisbeo.

All’inizio stagione ho perso 400 euro per non voler cedere.

Ora gli ho ripresi.


Telefono subito ad Ornella: ”Stiamo lavorando per voi, + 400.” Comunico telegraficamente.

Alle cinque ho dato appuntamento ad un altro cliente a Costa dei fiori, un omone grande e grosso che sarebbe interessato ad un piccolo quadro: che cosa buffa.

Sono in ritardo.

- Ti cercava un cliente. - mi informa Antonello, il bagnino, brutto ceffo come me, per cui si va d’accordo.

Di li a poco il cliente mi raggiunge al chiosco e siccome i soldi chiamano soldi, i 400 euro che tengo in tasca mi mettono addosso una tale verve che invece di uno, persuado l’omone a comprarne quattro.

” Buone notizie” dico al telefono ad Ornella a distanza di mezz’ora da prima ”+ 300!”


Stiamo lavorando per voi






MAX? - da "Costa dei fiori"


Sento una vocina che mi saluta:
- Ciao pittore! –
- Ciao bambina - rispondo con un sorriso.
- Non si dice "ciao pittore" - fa la mamma della piccina - come si chiama il signore? - chiede alla piccola.
- Non lo sa - spiego benevolo - non ci siamo ancora presentati: ciao, io mi chiamo Max -
- Max? - mi guarda interrogativa con due occhietti azzurri e un visino da impunita che è tutto un programma e mi fa:
- Max!.... come un cane! -

La mamma la trascina via.

Il chiosco - da "Costa dei fiori"



Ogni volta che raggiungo l’hotel mi compiaccio della sua struttura d’antica casa padronale. È un rifacimento in stile, ma l’effetto è ugualmente suggestivo.

Passando, getto un’occhiata al ristorante dove vedo i clienti ancora seduti ai tavoli per la colazione. C’è qualcuno che conosco, alzo la mano in segno di saluto e proseguo per il chiosco, come verso casa.

In effetti, dopo cinque anni, tolte le occasionali convivenze per cene di gala e matrimoni in cui viene usato come appoggio per servire cocktail, resto il padrone incontestato di questo spazio in cui ho riposto tutto quel che mi serve. Oltre ad essere magazzino dei quadri e degli attrezzi del mio laboratorio di pittura, ospita le mie ciabatte da mare, un costume da bagno e un asciugamano, un vero guardaroba per le esigenze adamitiche della vita estiva.

Ho sempre sognato di vivere in una capanna in riva al mare….ed eccola qua: preghiera esaudita.

Più in giù, tra gli alberi, è legata la mia canoa.




"Secondo me" da "Costa dei fiori"



Dopo un mese di morte apparente si è riaccesa, sua sponte, la lampadina che illuminava la camera da letto. La davo per persa e sono rimasto al buio per un mese. Invece era solo in coma e ieri, facendo un gesto automatico, metto mano all’interruttore e quella ha un lampo di luce e ritorna in vita:

- ah! allora sei viva, brutta bastarda! - che come accoglienza per chi resuscita non è il massimo.

Chissà se anche Lazzaro…..

Ora voglio andare al mare. Stendo solo camicia e pantaloni così poi li ritrovo asciutti.

Mi raccomando: metodo. Affrontiamo le difficoltà una alla volta, con una partenza morbida: i bermuda.


Non sarà un’impresa stendere dei bermuda…..


Ecco fatto, l’elastico a cavallo del filo, poi una molletta qua e là, per il vento, una leggera strattonata alle gambe per togliere le pieghe e si passa alla camicia.

La camicia mi dà più problemi.

C’è un sistema per stendere le camicie, Ornella me l’ha spiegato cento volte, ma è molto complesso, richiede molta disciplina e una grande specializzazione, mi affatica la mente.

Cerco di essere logico: ….dunque….secondo me…..

E’ questo ”secondo me” che ogni volta mi frega, perché questa operazione non è ”esattamente” secondo me.

Preparativi - da "Costa dei fiori"



Anticiperò il pranzo che sono abituato a fare alle due e mezza. Mi sto già sforzando d’avere fame per l’una. Il minestrone che ho cucinato poi, va giù da solo, buono anche a colazione. Mangerò solo quello e schizzerò via, così recupero il tempo perduto, come Marcel Proust. Questa cosa di recuperare il tempo perduto mi entusiasma sempre, mi prende alle viscere, mi obbliga ad una seduta di gabinetto che fa anche bene. Mi guardo agire con questa fretta balorda e riconosco in questo fare la sindrome dell’attesa di Mara. Dopo un mese da solitario, dividere gli spazi comuni con mia sorella, che ha tutto un altro carattere, mi inquieta e più faccio finta di niente più complico la sindrome. L’arrivo di Mara mi fa l’effetto che mi fa incontrare la pattuglia dei carabinieri: un sentimento ambivalente di amore-odio. Uno si immagina i carabinieri come i garanti dell’ordine, quelli che difendono i diritti civili e che stanno dalla parte dei buoni, dalla tua parte e ti proteggono dai soprusi. Di fatto ti inquisiscono e poi ti danno le fregature e quando hai veramente bisogno di loro, sono occupati altrove o si trasformano in burocrati e ti fanno perdere tempo e pazienza. Io guardo a Mara così: non so bene cosa aspettarmi. Da parte mia voglio essere ineccepibile, pulirò casa e farò trovare il frigo sgombero e tutte le mie cose sistemate per bene, in poco spazio. Lo scolapiatti ha il fondo sporco? C’è polvere sul mio comodino e il letto non è rincalzato come si deve? Provvedo subito: za-za. Questo zelo più che per Mara è per il buon nome di Ornella. Lei non è qui, è a Pistoia che è distante un mare, ma quella piega sul copriletto e quella polvere sul comodino la disturbano, lo sento. Domani con un za-za-za in mezz’ora finisco tutto. Basta un za in più. Alla lolla ci penserà Milli, che è la sua specialità.



Perché Costa dei fiori - dal libro "Costa dei fiori"



Perché Costa dei fiori


Visto che per tutta la vita non ho fatto altro che lagnarmi di non aver potuto viaggiare e di essermi perso quella importante esperienza del venire a contatto con altre culture e chissà quali straordinarie opportunità connesse, Dio, nella mia maturità dei tempi, mi ha piazzato qua, sotto una palma, sapendo che le palme mi piacciono, mi ha messo un pennello in mano, per mettermi a mio agio e, dopo queste squisite delicatezze, m’ha detto senza fronzoli, con altro tono:

- Ora te ne stai qui buono e non rompi, pensa soltanto ai cazzi tuoi, che al resto ci penso io. -


Poi ha detto al mondo:

- Ruota intorno a quest’uomo, perché ho un certo progetto su di lui. -


Devo rilevare che né io, né il mondo siamo gran che compatibili, e nessuno dei due capisce il perché di questa arbitraria iniziativa di Dio, ma tant’è, ognuno ha il Dio che si merita.

Quanto a me, se devo pensare alla mia esperienza di pittore, so che quando non riesco ad individuare il centro del quadro e a ricollegarne i nessi, cerco come prima cosa di allontanarmi di tre, cinque, dieci passi, secondo la difficoltà che incontro nel pervenire ad una sintesi onesta ed illuminata. Se poi, anche facendo questo, non vengo a capo di niente, vuoi perché sono stanco, vuoi perché non è una cosa facile cogliere il centro dei problemi, allora ricorro ad un sistema empirico molto semplice: prendo la mia seggiola da regista, la piazzo come ha fatto Dio con me, nel posto giusto, poi mi siedo e in tutta calma sto li a guardare quel che ho fatto senza chiedermi niente, nella convinzione che un senso ci deve pur essere e che prima o poi mi sarà chiaro.

Quel che viene dopo è un’altra storia e per ogni storia c’è un libro.

Questo racconta solo quello che ho visto stando seduto, in obbedienza, per tutta l’estate, sotto la palma assegnatami.




15 agosto 2001 - dal libro "Costa dei fiori"



15 agosto 2001

Guardo l’ora sul display del cellulare: ore 21,21. Come al solito le improbabili coincidenze.
Fa il suo ingresso la cantante e come una gatta si accoccola sull’alto sgabello, poi, con un sorriso, saluta il pubblico raccolto ad anfiteatro intorno alla piscina:
cena a lume di candela tra le palme dell’hotel Costa dei fiori
in alto, nella profondità silenziosa del cielo notturno, occhieggiano a migliaia le stelle.
Vedo questo a colpo d’occhio, al mio ingresso, scendendo quattro scalini come un introito alla festa perenne che vive in questo eden magico e remoto, sorto come un miraggio strano in riva al mare, perso tra campagne deserte, bruciate da secoli di sole e di vento.
Mi accomodo ad un tavolo, in disparte, scegliendo per istinto quell’angolazione, quel taglio particolare di vivere la vita, la mia vita d’artista: la lontananza.
Nell’aria, le note di una vecchia canzone di John Lennon ”imagine”

”…… imagine all the people living life in peace…..”

Con lo sguardo perso in chissà quale pensiero incrocio gli occhi di Salvatore, il giovane aiuto del maitre che, passandomi accanto di fretta con un vassoio di pericolosi bicchieri pieni, coglie con discrezione l’occasione per burlarsi di me:
- questa sera la vedo particolarmente ispirato - mi dice con un sorrisetto che non mi convince.
È giusto, penso, qui lui ci lavora e non ha tempo per ragionare di stelle e strani incanti.
Lungi da me trasformare questo soggiorno di vacanza, in un prosaico impegno di lavoro. Dio me ne scampi. È un proposito.
Laura, la cantante, mi fa un cenno di saluto.
Ormai conosco tutti e tutti mi conoscono. Questo mi piace.
Mi salutano anche i clienti che si avvicendano, di settimana in settimana, da un mese e mezzo, provenienti da ogni parte del mondo.
Del resto non è difficile scambiare due parole con gli sconosciuti quando sono seduto al cavalletto, dosando i rossi e i blu quali astratti contrappesi di geometrie astratte.
- what is this? - chiedo nel mio inglese stentato - I don’t know what I’m doing… - celio, per stabilire un feeling. E può capitare che ci sia davvero chi mi chiarisce le idee in merito.
Le spiegazioni arrivano in tedesco, russo, spagnolo, francese, inglese….
- Speak slowly, please - mi scuso.
La cosa rassicurante, comunque, è sapere che i miei colori parlano per me in un linguaggio universale che capiscono anche e soprattutto i bambini che si pigiano intorno al mio sgabello, a tutte le ore del giorno.

Al vento caldo dell’estate, seduto all’ombra di una palma, tra fiori d’ibisco e d’oleandro, dipingo i miei sogni tropicali pensando a Gauguin, a Heminguay, materializzando sulla tela lo spirito di questa baia riparata come un ”puerto escondido”, un porto franco dalla velocità della vita.

15 agosto, chiave di volta dell’estate.
Ho negli occhi una folla itinerante, riunita al tramonto sulla spiaggia di Nora, per la festa dell’Assunzione.
- Mettete un po’ di spiritualità nella vostra vita. - predicava il sacerdote dagli altoparlanti che portavano quelle parole lontano, sul mare, alle barche spettatrici di un evento propizio: una benedizione agli uomini data a cielo aperto dalla terrazza sopraelevata di un bar. Una messa ascoltata con la sigaretta in mano, in costume da bagno.
Un annuncio di pace per tutti: ”imagine all the people living life in peace…”

” you may say I’m a dreamer…”
Salvare il sogno è una missione, penso, sorpreso dal crepitare festoso dei fuochi d’artificio che disegnano nel buio quelle strane figure astratte che traccio di continuo nei miei quadri e che i bambini capiscono. Bellezza dell’effimero, rifletto, con nel cuore la benedizione sulla spiaggia nel giorno 15 del mese d’agosto, centro dell’estate, festa condivisa e moltiplicata dalle fiaccole che brillano sui cento tavoli che fanno corona intorno a me e che animano la notte di un sommesso brusio d’attesa.








lunedì 28 dicembre 2009

“FIAT” - dal libro "La casa del padre"



Nella sua vita per ogni strada senza sfondo, lì dove la speranza cedeva alla rassegnazione, si apriva sempre un nuovo scenario e nasceva un nuovo amore ed una nuova storia.

Ora voleva dar ossigeno e tempo al sogno, perchè in quel luogo, a quell’ora, in quella stagione ed alla sua età sentiva di aver bisogno più che mai di sogno e di speranza.

Si sentiva giunto, nelle consonanti e molteplici dimensioni del suo vagabondaggio, in quel luogo prossimo allo svelamento ed alla comprensione degli arcani e temeva d’oltrepassare la culla di Betlemme senza accorgersene o, più amaramente, di non trovare nessuno. Perciò indugiava nel limbo dell’attesa, timoroso, rallentando il passo, non ancora pronto, diffidente, sperando in un incontro di cui anche sospettava l’inconsistenza.

Non che sospettasse di Dio, non che ipotizzasse un Dio bugiardo e cinico, o la religione un abbaglio della coscienza, la proiezione di un bisogno, come tanti sostenevano.

Non era questa la sua paura:


Luca temeva d’essere DISTRATTO.


Temeva di perdere il treno della sua vita per via di una distrazione, magari perché era occupato a fare il biglietto per mettersi in regola, o a controllare l’orario, il binario.

E poiché era sera, temeva anche la colpa dell’indegnità, perché ogni sera chiudeva il bilancio in rosso con un’inadempienza ed un’omissione.

Per questo tergiversava ricapitolando tra sé il suo pensiero, il suo progetto, le attese, le responsabilità, le incognite, le speranze in quel silenzio che andava ora cercando con più adesione quale luogo più idoneo per la sua strana ed astratta preghiera muta:


“FIAT”

La preghiera perfetta.


Fine del giorno, fine dell’estate, fine della giovinezza… … e una passeggiata al crepuscolo per capire e raccontare con le proprie parole, senza prendere in prestito emozioni e pensieri alla letteratura dell’ovvio, la propria storia.


Sì, questa era la cifra di quell’estate: l’esatta metafora, il premio.




“RINUNCI A SATANA?” - da "La casa del padre"




Sette e quaranta.
Fermò la bici e mise un piede a terra.
“Cosa faccio?” si chiese perplesso, guardando l’ora e non vedendo ancora nessun accesso verso il mare.
“Cosa faccio?”, come non si conoscesse e non sapesse d’aver già scelto, in contraddizione con sé stesso, la via irrazionale.
In contraddizione, certo, perché c’era uno statuto, un patto segreto, un limite ch’egli aveva fissato dentro di sé: la sorveglianza su un valico. Nulla doveva sconfinare dall’universo irresponsabile dell’irrazionale nel mondo della responsabile razionalità.
Era il comandamento più perentorio che aveva ereditato dal padre ed il più condiviso.
Anche il più disatteso.
Per la verità Luca vigilava scrupolosamente e ad ogni livello accessibile la sua coscienza, sapendo bene che non avrebbe potuto assolutamente allentare le briglie della sua biga, trascinata in una corsa sfrenata da una coppia indomita di cavalli focosi: padre e madre, cavallo nero e cavallo bianco lanciati al galoppo scatenato dentro di lui, pronti a scartare di lato, ad impennarsi, a sbandare in direzioni opposte, a contraddirsi rovinosamente o ad allearsi per un balzo mortale da un dirupo.

Le sette e quarantacinque…presto sarebbe stato buio.
A casa nessuno doveva rimanere in ansia per lui.

Prudenza, controllo, imperativamente….e, dunque, il suo corollario: la Rinuncia.
Come nella professione di fede, alla domanda:

“RINUNCI A SATANA?”

RINUNCIO

Prudenza e rinuncia dal versante della ragione e dell’ovvio e lui in bilico sul crinale, diviso dentro, con un piede a terra ed uno sul pedale, indeciso, ma impaziente d’oltrepassare il valico del lecito come in quel gioco d’azzardo col padre al tiro alla fune.

…..POTER FERMARE IL SOLE… POTER PROLUNGARE L’ESTATE….

Che fare?
Come non si conoscesse.
Una domanda retorica e più sottilmente un alibi, una furbizia, come quella di figurarsi ad un bivio senza indicazioni ed un interrogarsi con il verbo al condizionale, posto con dolo ad esplorare l’inconscio ottusamente, con finta innocenza e finta necessità:

“cosa sarebbe giusto?”



“…Dobbiamo volerci bene…” - da "La casa del padre"



“…Dobbiamo volerci bene…”


Questa frase era rimasta storica nelle sue orecchie: “dobbiamo volerci bene”.

Ci pensava ancora:

OVVIO.


“Ovvio” Luca obiettava “questa questione della semplicità lì, a due passi, però, per me è un vero scoglio, è una pietra d’inciampo e di contraddizione come il paradossale, misterioso ed arcinoto discorso della montagna: le Beatitudini. Chi vive le beatitudini è indubbiamente perfetto! Cosa gli manca? Ma il problema è tutto lì. Cioè, un conto è credere che l’Amore salva, e un conto è testimoniare la verità delle Beatitudini con la propria vita. Io, sapete sono contento di sentirvi parlare di semplicità, d’amore e di ottimismo. Queste cose in un appropriato contesto hanno un

fondamento indiscutibile. Anzi, oltre la semplicità e la poesia delle Beatitudini non è andato nemmeno Dio: il discorso si chiude.

Ma, mi chiedo: siamo già lì?

E quando e come ci siamo arrivati??”


La scomodità dei suoi soliti dubbi incostituzionali.


“…Tu con quella barba nera e quegli occhiali scuri…. Mi sembri proprio uno iettatore!” avrebbe celiato suo padre, anche ora, tuffandosi sott’acqua per chiudere tutti i discorsi.

Opera impassibile del tempo - da "La casa del padre"



Sette e un quarto.

Avanzò di qualche passo, appoggiò la bici a terra e si fermò a guardare la corrente.
La risacca risaliva per breve tratto la foce scavando una fossa nel basso fondale sabbioso. S’incantò nel seguire le peripezie di filamenti d’alga trascinati dal flusso, li accompagnò con lo sguardo fino a che li vide, in balia di vortici leggeri, raggiungere l’acqua ferma e compiere il loro destino sedimentando nel fondo. Opera inesorabile ed impassibile del tempo: la sepoltura.



“se arrivo sin lì sarò salvo” - da "La casa del padre"


Guardò il promontorio, più vicino in linea d’aria, ma irraggiungibile perché la strada era interrotta da un canale.

Vide che sulla sommità si ergeva un rudere che mostrava sul lato esposto e franato, l’interno di una grande stanza invasa da rovi. Dal punto d’osservazione di Luca, dal “versante dell’ovvio” non si apprezzava altro e quanto si vedeva era di scarso interesse.

Ma egli morso da un’inspiegabile ansia superstiziosa, incurante del tempo che stava scadendo, rinnovò il proposito:

“se arrivo sin lì sarò salvo”

Ritorno al presente - da "La casa del padre"



Due passi oltre lo steccato e l’incanto svanisce: ritorno al presente.
La ragione sgretola il sentimento e s’occupa d’altro.
Tien d’occhio l’orologio, computa da ragioniere.
Sette e dieci, il tempo passa, il sole segue il suo corso. Ora è più giallo, più arancio, ferisce meno lo sguardo. Le ombre si allungano, il silenzio è più grande.
Come la solitudine.
Resta nel sottofondo il rumore del vento e del mare.







sabato 26 dicembre 2009

”Noi siamo altrove” - da "La casa del padre"



Luca, facendosi schermo con la mano, spiò all’interno dai vetri satinati dalla salsedine. Nella penombra scorse un vecchio jukebox, cataste di sdraio ed ombrelloni, tavolini e sedie impilati ed il grande bancone del bar con la macchina del caffè: posto di traverso sul ripiano era rimasto un vassoio, con i resti di un’ultima consumazione.

Abbandono: una cena consumata in fretta, con la cintura ai fianchi, i piedi nei calzari, una mensa lasciata da poco, al passar dell’Angelo della Morte, e ancora calda: fuga dall’Egitto.

Pompei dopo l’eruzione: vita congelata. Vita volata altrove, migrazione d’uccelli al cambio di stagione.

Pensò ad un amico della sua giovinezza di cui aveva appreso la recente scomparsa dai giornali. Aveva ritagliato e conservato la foto di lui colto in chissà quale momento della sua vita: berretto a visiera, occhiali da sole, camicia con le maniche rimboccate, sorriso accattivante. Un’istantanea che lo ritraeva in movimento, spensierato e felice, diretto chissà dove….

Dove stava andando?

Comunque era partito. Aveva sciolto le vele facendo rotta a Sud, verso il tropico lontano dell’eterna estate, dissolto nella luce di Eldorado.

….”Noi siamo altrove”….

Pensò agli incontri senza più nome della sua vita. Ricordò i nonni materni che aveva tanto amato da bambino, i parenti, gli amici scomparsi o lontani, o metaforicamente lontani per mancanza di dialogo e di condivisione.

Sono partiti, abitano altrove, si abbronzano al sole di un’altra estate, in un altro tempo, lontano….lontano da qui.

Fiutò il vento dal mare:

Libeccio, al cambio di stagione.

……Vento che giunge da terre lontane nel tempo e nello spazio….

…..Musica antica d’un ventilatore che esplora monotono una stanza in penombra, dalle persiane accostate.

….Tempo d’estate….il tempo passa….fine dell’estate….

”noi siamo altrove”….vento dal mare….


Solo un’ora prima era emerso da un sonno e da un sogno e osservava attonito la stanza. Aveva sognato il mare, ascoltato il vento, contemplato la luce e, da sveglio, con la mente in libertà, aveva lasciato fluire i ricordi fino a quando tutto era sfumato nell’astrazione di un sentimento, capolinea d’ogni suo vagabondaggio intellettuale: fantasie, sogni, ricordi….come canto corale sommesso, pulviscolo dorato al tramonto, in controluce….dolce malinconia.

….Ed ecco il PRESENTE. Il discutibile, filosofico, illusorio presente, gravido di una forza coercitrice speciale, d’una evidenza strana, d’una forma acuta del sentire.

Un’astrazione densa come roccia:

un MISTERO.

Come tutto.